nella prima udienza il giudice interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione. Se questa riesce se ne redige processo verbale il quale costituisce titolo esecutivo. Se la conciliazione non riesce il processo assume in questa fase di ritmo che coinvolge le parti in oneri ancor più restringenti di quelli previsti per il processo ordinario. Il giudice invita le parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone a fondamento delle domande, difese ed eccezioni, a produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere: attività che debbono essere svolte dalle parti in prima udienza. È chiaro che le parti possono integrare gli atti introduttivi attraverso l’allegazione di nuovi fatti: fatti costitutivi per l’attore, fatti impeditivi, modificativi o estintivi per il convenuto.
Precisare i fatti consente di addurre nuovi fatti. Viene a mancare davanti al giudice di pace quella scansione di tempi per le eccezioni le contro-domande e le contro-eccezioni e dunque quella tutela del contraddittorio di fronte alle sorprese dell’udienza che è invece assicurata nel processo ordinario degli art.180 e 183 cpc. Il processo davanti al giudice di pace si discosta dal modello ordinario anche perché fa venir meno la successione temporale tra allegazione dei fatto e proposizione delle domande ed eccezioni da un lato e deduzioni istruttorie dall’altro.
Nella prima udienza sono dunque definitivamente precluse sia le eccezioni rilevabili ad istanza di parte sia le modificazioni della domanda sicché le parti sono tenute ad un’immediatezza e completezza di azione e di reazione quale si può eventualmente esigere in un processo tipicamente contrassegnato dalla difesa tecnica ma che appare arduo giustificare in un processo condotto o che può essere condotto dalle parti personalmente.
Quando è necessario dall’attività svolta dalle parti in prima udienza il giudice fissi per una sola volta una nuova udienza per ulteriori produzioni e richieste di prova. I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel fascicolo d’ufficio ed ivi conservati fino alla definizione del giudizio. Le parti non sono dunque onerate della formazione dei rispettivi fascicoli. Nulla è disposto per le modalità dell’istruzione probatoria che dovrà quindi svolgersi secondo le forme previste per il processo dinanzi al tribunale. Gli atti di istruzione debbono essere assunti dal giudice di pace non oltre la terza udienza successiva a quella in cui sono stati ammessi o alla comunicazione dell’ordinanza di ammissione se questa non è stata pronunziata in udienza.
Riguardo alle prove documentali, se è proposta querela di fatto il giudice di pace quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione sospende il giudizio e rimette le parti davanti al tribunale per il relativo procedimento fissando un termine perentorio entro il quale le parti stesse debbono riassumere la causa davanti al tribunale. Non si realizza dunque quella attrazione di tutte le cause al tribunale. Il giudice di pace in questo caso può anche disporre a norma dell’articolo 225 ossia disporre che la trattazione della causa continui davanti a sé relativamente a quelle domande che possono essere decise indipendentemente dal documento impugnato.
La decisione della causa
il giudice quando ritiene matura la causa per la decisione invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa. Il giudice di pace può tuttavia invitare le parti alla precisazione delle conclusioni e poi alla discussione in funzione di una sentenza definitiva di merito ma anche di una sentenza non definitiva su questioni preliminari, processuali o di merito.
La precisazione delle conclusioni può aver luogo nella stessa udienza o in una successiva. La precisazione delle conclusioni e la discussione possono aver luogo nella stessa udienza. La causa deve naturalmente essere decisa dal giudice di pace che ha proceduto all’istruzione salvo che sia sostituito ex art.174. La sentenza è depositata in cancelleria entro 15 giorni dalla discussione.