L’art. 669 decies c.p.c. ha introdotto la regola della generale modificabilità e revocabilità dei procedimenti cautelari.

La l. n. 80/2005, in merito al reclamo cautelare, ha ammesso la possibilità di dedurre con quest’ultimo rimedio le circostanze ed i motivi sopravvenuti prima della proposizione dello stesso, relegando la revoca e modifica in questi casi ad un rimedio successivo e residuale.  Elemento qualificante di detta disposizione normativa è l’individuazione dei presupposti per la modifica o la revoca nei «mutamenti delle circostanze » che hanno giustificato la concessione del provvedimento cautelare.

Oggi è possibile dedurre in sede di revoca o modifica del provvedimento cautelare non solo fatti sopravvenuti, ma anche i fatti anteriori all’emissione dello stesso non precedentemente dedotti, a condizione che la parte li abbia conosciuti dopo la concessione della misura. In tal caso la parte deve dar prova del momento in cui ne è venuta a conoscenza.

La revoca e la modifica hanno come presupposto la precedente concessione di un provvedimento cautelare anche se a seguito di reclamo ed hanno lo scopo di adeguare la misura cautelare alla situazione di fatto sopravvenuta. L ‘impulso per l’esercizio dei poteri di modifica o revoca deve, in ogni caso, provenire dalla parte, dovendosi escludere tassativamente ipotesi di modifica o revoca d’ufficio.

La limitazione dei motivi di revoca è di fondamentale importanza per la corretta ricostruzione del sistema dei rimedi e per l’esatta individuazione dei rapporti che sussistono fra la revoca ed il reclamo, in quanto consente di escludere la utilizzazione dello strumento della revoca per far valere profili di illegittimità e/ o di inopportunità originaria della concessa cautela, con la sola eccezione dell’ipotesi in cui la parte provi di avere conosciuto fatti rilevanti dopo la concessione della misura.

I motivi di revoca o di modifica possono essere fondati non soltanto su mutamenti extraprocessuali delle circostanze di fatto (ad es. fatti storici sopravvenuti, jus superveniens), ma pure su mutamenti delle allegazioni o su nuove risultanze istruttorie, che introducono elementi nuovi per la valutazione dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità della concessa misura cautelare.

La nuova disciplina della strumentalità «attenuata» stabilisce che «quando il giudizio di merito non sia iniziato o sia stato dichiarato estinto» la revoca o la modifica dell’ordinanza di accoglimento vanno richieste «al giudice che ha provveduto sull’istanza cautelare».

In pendenza dei termini per l’appello, la competenza spetterà al giudice che ha emanato la sentenza impugnata; diversamente, proposto l’appello, la competenza dovrà radicarsi in capo al collegio.

Se, invece, il giudizio di merito penda dinanzi al giudice di pace è controverso se la competenza alla revoca o alla modifica spetti allo stesso giudice di pace, come sostenuto da parte della o muovendo sia allo stesso preclusa.

Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato, o se l’azione civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale, la competenza è del giudice che aveva emanato il provvedimento cautelare.

All’istanza, da proporsi nelle forme del ricorso, dovrà seguire l’instaurazione del contraddittorio nei confronti del beneficiario della misura cautelare, con conseguente concessione allo stesso di un termine per memorie difensive.

Il procedimento si chiuderà con l’emissione di un provvedimento che potrà assumere i caratteri:

  • della revoca (totale) della misura
  • della modifica restrittiva o ampliativa del precedente ordine cautelare
  • del rigetto dell’istanza di modifica o revoca.

Pur trattandosi di vero e proprio riesercizio della potestà cautelare, deve negarsi qualsiasi efficacia sostitutiva della pronuncia di rigetto, anche quando la stessa confermi espressamente la precedente misura cautelare.

Si discute, infine, sulla assoggettabilità al reclamo del provvedimento di modifica e/ o revoca: si ritiene che il provvedimento sia reclamabile, sulla considerazione secondo cui revoca e modifica costituiscono manifestazione del potere cautelare e sono pertanto soggette al riesame

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