Il problema del far valere in giudizio i diritti degli incapaci (cioè i soggetti che non possono stare in giudizio: interdetti (TUTORE), inabilitati (CURATORE, minori (320 cc: genitori) , è risolto nel campo sostanziale dall’art 75 2° con l’impiego nel processo dello strumento della rappresentanza legale: essa opera in quanto sussiste:
a) il “potere rappresentativo” conferito dall’incapace (che ne è titolare) a un altro soggetto (il rappresentante): quest’ultimo quindi investito di questo potere potrà compiere il relativo atto, che se compiuto in nome dell’incapace “rappresentato” palesando che vuol produrre effetti su quest’ultimo (cosiddetto ”contemplatio domini”) produce i suoi effetti in capo al rappresentato. Quindi la rappresentanza (detta “legale” perchè il potere amministrativo al rappresentante è dato dalla legge) è uno strumento che per funzionare presuppone 2 elementi: preesistente potere amministrativo e contemplatio domini. Si ha invece “rappresentanza volontaria” quando il potere rappresentativo è conferito con un negozio (cosiddetta ”procura”):ciò quindi avviene quando il soggetto è titolare del diritto, ma preferisce servirsi di altra persona. Nel processo, il legislatore si è servito degli stessi strumenti: quindi per far valere i diritti degli incapaci, si è servito della tecnica della rappresentanza legale, conferendo a quello stesso soggetto che è rappresentante legale nel campo sostanziale, i poteri processuali. I poteri conferiti al rappresentante, sono tutta la serie dei poteri che introducono la serie degli atti del processo: in pratica si conferisce una “legittimazione processuale rappresentativa” al rappresentante legale, a seguito della sottrazione della legittimazione processuale agli incapaci. Quindi il 75 2° dispone proprio che i soggetti che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono star in giudizio se non rappresentati, cioè se non hanno la legittimazione processuale rappresentativa. C’è da dire che in questo comma c’è un richiamo, attraverso gli istituti della “assistenza” e dell’”autorizzazione”, alla disciplina dello “stare in giudizio” dei cosiddetti ”soggetti semicapaci” (inabilitati e minori emancipati) e tutti i soggetti che han bisogno d’un’autorizzazione. La tecnica dell’assistenza consiste in una partecipazione contemporanea dell’assistente (curatore) e dell’assistito (semicapace) all’esercizio dei poteri, quindi una titolarità congiunta o con titolarità dei poteri stessi. Tutto ciò nel processo porta a una “legittimazione processuale congiunta” (o “col legittimazione processuale). L’autorizzazione può riguardare sia l’attività del rappresentante legale (importanti in questo caso le autorizzazioni del giudice tutelare o del tribunale ex 320,374 e 375 cc, necessarie perchè il rappresentante possa agire in giudizio in nome dell’incapace, ma non per resistere a suo nome in giudizio) sia quella dell’assistente insieme col semicapace (es. autorizzazione ex 394 3° cc per atti di straordinaria amministrazione) come anche quella del soggetto interessato. La regola infine vuole che Il fallito non può stare in giudizio. Ma lo può fare per la giurisprudenza quando:
a) l’esercizio di quell’azione potrebbe esser fonte di pregiudizi personali per il fallito
b) quando gli organi fallimentari sono inerti. L’imprenditore ammesso al concordato preventivo conserva capacità, ma ha bisogno di autorizzazione. L’incapacità legale non vuol dire incapacità di citare in giudizio (sarebbe facile, ad esempio, dire sono scemo, non posso stare in giudizio)
Il 3° 75 C.P.C. prevede che la legittimazione processuale per l’esercizio in giudizio dei diritti delle persone giuridiche, è attribuita a chi le rappresenta nel campo sostanziale ex lege o statuto (ma non solo lo strumento rappresentativo: può stare in giudizio anche un cosiddetto ”strumento organico”, strumento affine alla rappresentanza, ma da essa differente, in quanto l’organo appartiene all’ente già al momento del prodursi della sua attività: in pratica quando è l’organo a stare in giudizio, è come se ci stesse direttamente la persona giuridica. La legge subordina la legittimazione processuale dell’organo ad una autorizzazione).
Gli enti “che non sono persone giuridiche” hanno una soggettività attenuata: più forte di una semplice autonomia patrimoniale, ma non arriva alla personalità giur. ex 4° 75 C.P.C.: ”le associazioni e i comitati che non sono persone giuridiche stanno in giudizio”: questi enti hanno la possibilità allora di stare in giudizio: , quindi vengono attribuiti a un rappresentante i poteri di stare in giudizio a coloro che nel campo sostanziale hanno i poteri di agire per questi enti. Ex 1131 C.C. la rappresentanza processuale del condominio è dell’amministratore (più vicino ad uno schema di rappresentanza volontaria quindi). Se però un condomino è un magistrato, il processo non si può fare nel suo distretto. Infine, se per una qualsiasi ipotesi manca la persona a cui spetti la rappresentanza o l’assistenza, sussistendo d’altra parte ragioni di urgenza,
il 78 1° C.P.C. prevede la nomina urgente e provvisoria di un “curatore speciale” ( su istanza dell’interessato, anche se incapace, o del PM) per l’incapace, per la persona giuridica, per l’associazione non riconosciuta, con poteri “provvisori” finchè non subentri colui a cui spetta rappresentanza e assistenza. Stessa cosa ex 78 2° in caso di conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato. Il 321 cc regola il rapporto tra genitori/figli in caso di conflitto d’interessi. Ex Cassazione Sezione Unica il 78 è norma residuale: valgono le norme specifiche (esempio: per le società) se c’è una disciplina speciale caso per caso che regola la costituzione del “curatore speciale”