E’ necessario cercare le norme che ci consentano di capire a cosa serve l’attività giurisdizionale. Sicuramente l’art 24 Costituzione serve: in base a esso l’attività giurisdizionale serve per tutelare i diritti. C’è poi un’altra norma, presente nel C. C. e coerente col 24 Costituzione, ossia il 2907 C. C. (“Attività giurisdizionale”): esso dice che “alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria ordinaria. Si evince da ciò che il risultato che nella ratio della legge ispira l’attività giurisdizionale, è la tutela dei diritti in genere (ogni tipo di diritto: quindi l’attributo “civile” mira solo ad escludere alcuni settori specifici dell’attività giurisdizionale: quello penale e amministrativo). Tutela dei diritti vuol dire reazione a una loro violazione (cioè impedire la violazione o eliminarne gli effetti nei limiti possibili). Si determinano allora le 2 caratteristiche fondamentali dell’attività giurisdizionale.
La strumentalità rispetto ai diritti che vuole tutelare. Perchè costituisce lo strumento per la loro attuazione, nell’ipotesi che quest’ultima non si verifichi spontaneamente. Da ciò si verifica la contrapposizione tra diritto sostanziale e diritto strumentale processuale. Il primo gruppo di norme disciplina in via primaria certi comportamenti umani che il legislatore ha considerato idonei a soddisfare certi interessi a suo giudizio meritevoli di protezione (la cosiddetta “tutela primaria dell’interesse). Se però questa tutela si rileva insufficiente, ossia viene violata la norma sostanziale e viene leso l’interesse giuridico sostanziale, allora subentrano il secondo gruppo di norme, che quindi apprestano una tutela secondaria dell’interesse (ossia quella giurisdizionale).
La natura sostitutiva dell’attività. Questo perché quei soggetti del processo che vedremo chiamarsi organi giurisdizionali, si sostituiscono a chi avrebbe dovuto tenere il comportamento previsto dalle norme sostanziali in via primaria, per attuare in via secondaria la stessa protezione di interessi che stava alla base in via primaria della norma sostanziale. Questa “sostituzione” nasce dal quel postulato fondamentale di ogni forma di vita socialmente organizzata: il cosiddetto “divieto dell’autodifesa”.
Sotto il profilo funzionale definiamo allora l’attività giurisdizionale come attuazione, in via normalmente (non sempre così: vedi par successivo) secondaria e sostitutiva, dei diritti sostanziali. Questa definizione non diverge tanto da quella del Redenti: egli considera la giurisdizione come “attuazione delle sanzioni” e il discorso è equivalente, se si considera come sanzione il cosiddetto “precetto secondario” delle norme sostanziali, ossia il meccanismo di reazione che l’ordinamento mette in moto quando si viola il precetto primario. Non c’è divergenza neppure dalla definizione del Carnelutti che dice che l’attività giurisdizionale. È “composizione delle liti”: per egli il termine “lite” è la posizione di contrasto che 2 o più soggetti assumono rispetto a un dir: questa posizione di contrasto sussiste in quanto si postula da 1 o più soggetti la lesione di una norma sostanziale ad opera di altri.
Giurisdizione costitutiva necessaria. Abbiamo allora dei casi in cui l’attività giurisdizionale. non presuppone lesione del diritto sostanziale. Ciò accade primariamente nei casi in cui l’attività giurisdizionale. È costitutiva, estintiva, modificativa di diritti: questa è un’eccezione rispetto alla normale disponibilità negoziale dei diritti (esempio: impotenza, infermità di mente ecc.). Queste circostanze non implicano violazione di alcuna norma, ma semplicemente sono completate da certe norme come condizione necessaria per la determinazione di certi effetti, non realizzabili altrimenti che attraverso l’opera dell’organo giurisdizionale. Questo tipo di attività è definita “giurisdizione costitutiva necessaria o a necessario esercizio giudiziale”. L’elemento della necessarietà sta in relazione con la caratteristica per cui questa attività giurisdizionale. non presuppone alcuna violazione. Esiste però ex 2908 C.C. un’attività giurisdizionale. Costitutiva non necessaria: in essa i diritti possono esser attuati in via primaria, con conseguente possibile loro lesione e attuazione secondaria (esempio: l’obbligo di contrarre assunto facendo un preliminare, ma rimasto ineseguito (questa è la violazione): esso è attuabile con sentenza ex 2932 C. C.). Quindi qui l’attività giurisdizionale. Non è necessaria ab origine (lo diventa solo in via secondaria): quindi rientriamo nel fenomeno normale della sua funzione sostitutiva e secondaria.
“Accertamento mero”. Qui l’esigenza di tutela o di attività giurisdizionale è determinata da un fenomeno che può esser assimilato alla violazione in quanto di quest’ultima costituisce di solito una premessa: la cosiddetta “contestazione” (seria e obiettivamente apprezzabile) (in 2 sensi: contestazione di un altrui diritto che il titolare considera esistente ovvero di un “vanto” di un proprio diritto nei confronti di un soggetto che lo ritiene inesistente). L’esempio è quello di un soggetto che anche se non lede l’altrui diritto di proprietà, lo contesta nel senso che si vanta egli stesso proprietario: in questo caso si ha una situazione che non è ancora di violazione, ma potrebbe divenirlo: ossia l’incertezza obiettiva circa l’esistenza di un dir. Quindi accertamento “mero” (questo attributo sta in relazione col fatto che la funzione dell’accertamento è la caratteristica generale dell’intero settore dell’attività giurisdizionale. Che si chiama “ di cognizione”.)
Nozione funzionale della giurisdizione è allora attuare il diritto sostanziale (solitamente in via secondaria, a volte in via primaria).