La partecipazione al giudizio di un soggetto terzo può altresì essere provocata da una chiamata del terzo da parte del giudice ovvero ad opera di una delle parti.
- un ordine di chiamata da parte del giudice può essere dovuto anche alla necessità del litisconsorzio che trova fondamento nella domanda originaria. Il giudice è tenuto a emanare un ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario assente a seguito del quale la parte più diligente deve provvedere in concreto alla citazione del terzo in giudizio.
- deve distinguersi l’intervento del terzo per ordine del giudice, istituto che trova le proprie ragioni nella valutazione da parte del giudice di una semplice comunanza della lite con la posizione soggettiva del terzo e nelle opportunità della realizzazione del simultaneus processus anche nei confronti del terzo. L’ordine del giudice è rivolto alle parti che dovranno provvedere a citare il terzo in giudizio. Ai sensi dell’art.270 cpc la chiamata può essere ordinata in ogni momento dal giudice istruttore per un’udienza che all’uopo egli fissa
- vi è poi l’istituto della chiamata di un terzo nel processo a norma dell’art.106 cpc. Tale intervento su istanza di parte è ammesso quando una delle parti originarie del processo intende ampliare il contraddittorio citando in giudizio un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita. L’esigenza che induce la parte ad estendere il giudizio nei confronti del terzo può sorgere in primo luogo da ragioni di comunanza della lite. Le ipotesi sono quelle di una connessione particolarmente intensa, come quelle del terzo che si afferma vero titolare del diritto in contesa, del terzo obbligato ovvero responsabile, del terzo vero legittimato a contraddire, del terzo pretendente, del terzo titolare di una situazione dipendente da quella oggetto del processo.
- La chiamata di garanzia è volta invece a tutelare il diritto di una delle parti (garantito) ad essere tenuta indenne per il caso di una sua soccombenza nel processo, da altro soggetto (garante). L’istituto trova applicazione nelle ipotesi di garanzia propria o in virtù del trasferimento a titolo derivativo di un bene contestato al garantito nella causa principale. Diverse sono le ipotesi qualificate come garanzia impropria dove la parte convenuta nel processo per un inadempimento o illecito fondato su un determinato titolo intenda a sua volta chiamare in giudizio un terzo invocando la sua responsabilità e fondando un obbligo di rivalsa nei confronti di costui seppur ad altro titolo. La chiamata in garanzia impropria è ammessa ma solo nel rispetto delle ordinarie norme di competenza. Alla chiamata la parte interessata provvede mediante citazione a comparire nell’udienza fissata dal giudice istruttore osservati i termini art.163-bis
- il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa deve a pena di decadenza farne dichiarazione nella comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice istruttore lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’art.163-bis ossia del termine ordinario a comparire. Il giudice istruttore entro 5 giorni dalla richiesta provvede con decreto a fissare la data della nuova udienza. Il decreto è comunicato dal cancelliere alle parti costituite. La citazione è notificata al terzo a cura del convenuto. Il giudice istruttore non può rifiutare lo spostamento dell’udienza. Le questioni relative all’ammissibilità dell’intervento sono decise con sentenza. Si è lasciato al convenuto l’onere della chiamata del terzo mediante citazione e non si è previsto un termine perentorio per la notifica. Il termine da osservare è quello dilatorio a difesa del convenuto.
- La norma disciplina l’ipotesi che a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta sia sorto l’interesse dell’attore a chiamare in causa un terzo. Poiché l’attore viene a conoscenza della comparsa di risposta entro un breve termine anteriore alla prima udienza si è stabilito che l’attore deve chiedere l’autorizzazione al giudice istruttore per la chiamata del terzo e deve farlo a pena di decadenza nella prima udienza cioè nell’udienza di prima comparizione e trattazione. Il giudice istruttore se concede l’autorizzazione fissa una nuova udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto de termini dell’art.163-bis. Un eccesso di rigore ha indotto il legislatore a stabilire diversamente dalla chiamata ad istanza del convenuto, che la citazione ad intervento debba essere notificata entro il termine perentorio stabilito dal giudice. La norma sembra supporre che sull’istanza dell’attore il giudice istruttore debba decidere all’udienza concedendo o negando l’autorizzazione. Peraltro occorre ricordare che a norma dell’art.186 cpc sulle domande e sulle eccezioni delle parti il giudice istruttore dà in udienza i provvedimenti opportuni ma può anche riservarsi di pronunciarli entro 5 giorni successivi. Se il giudice non fissa il termine perentorio espressamente potrà sorgere un’altra questione di legittimità costituzionale.
- La parte che chiama in causa il terzo dovrà depositare la citazione notificata entro il termine previsto dall’art.165 ossia entro 10 giorni dalla notificazione della citazione stessa. Il termine è ordinatorio e la sua inosservanza non è causa di improcedibilità della domanda proposta nei confronti del terzo né di estinzione del processo.
- Il terzo deve costituirsi a norma dell’art.166 ossia almeno 20 giorni prima dell’udienza fissata dal giudice istruttore e indicata nell’atto di citazione. Al terzo devono essere applicate le disposizioni dell’art.166 e 167. il terzo in effetti può considerarsi come un convenuto in seconda battuta. Si comprende che egli debba costituirsi nell’ordinario termine fissato per il convenuto e si comprende anche che in tale comparsa debba proporre tutte le sue difese e indicare i mezzi di prova di cui vuole avvalersi e i documenti che offre in comunicazione e formulare le conclusioni. Non era invece comprensibile perché per il terzo non dovesse valere il regime di decadenza per le eventuali domande riconvenzionali. La lacuna è stata integrata dalla corte costituzionale che ha esteso al terzo chiamato in causa ai sensi dell’art.269 cpc anche le preclusioni ricollegate al deposito della comparsa art.167, parificando in tal modo la sua posizione con quella del convenuto.
- Il legislatore si è poi dato cura di prevedere l’ipotesi che il chiamato intenda chiamare a sua volta in causa un terzo: il terzo chiamato deve fare dichiarazione di questa volontà a pena di decadenza nella comparsa di risposta ed essere poi autorizzato dal giudice ai sensi del 3° comma dell’art.269.
- In merito alla difesa delle parti originarie di fronte alle domande o alle eccezioni del terzo chiamato il legislatore stabilisce anzitutto che nell’ipotesi del 3° comma restano ferme per le parti le preclusioni collegate alla prima udienza di trattazione. La chiamata del terzo non costituisce un motivo di rimessione in termini per le attività già precluse nel rapporto tra le parti originarie. La norma aggiunge comunque che i termini eventuali di cui al sesto comma dell’art.183 sono fissati dal giuidice istruttore nell’udienza di comparizione del terzo.