Una volta non era prevista nessuna impugnazione. Nel 1986 la Corte Costituzionale aveva ammesso la revocazione per errore di fatto quando la Cassazione era stata adita per il motivo di cui al n. 4) dell’art. 360 c.p.c. Il legislatore del ’90 (L. 353/’90) ha ampliato l’ambito di applicazione della revocazione ammettendola per tutte le sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione, qualsiasi fosse stato il motivo per cui era stata adita (era comunque sempre e solo revocabile per errore di fatto).
Primo problema che emerge consiste nel fatto che qui abbiamo un’impugnazione ordinaria che è prevista contro le sentenze della Cassazione, ma allora dobbiamo ritenere che trovi applicazione la regola generale (la proponibilità dell’impugnazione ordinaria impedisce il passaggio in giudicato della sentenza) per cui la sentenza, pronunciata dal giudice d’appello e impugnata con ricorso per Cassazione respinto, non passerà in giudicato? Prima della pronuncia della Corte Costituzionale, dal momento della pubblicazione della sentenza della Cassazione che aveva respinto il ricorso, la sentenza impugnata passava in giudicato. La dottrina ha ritenuto che in questo caso non siano applicabili le regole generali, il legislatore del ’90 ha recepito questa soluzione, per cui la pendenza del termine per proporre la revocazione per errore di fatto contro la sentenza della Cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione respinto.
Il legislatore del ’90 ha anche stabilito che la proposizione dell’impugnazione non consente di chiedere la sospensione della esecuzione della sentenza passata in giudicato (prende in considerazione l’ipotesi che sia stato respinto il ricorso per Cassazione).
Se il ricorso per Cassazione viene accolto, e quindi vi è stata la cassazione con rinvio, in caso di impugnazione non viene sospeso il termine per riassumere il giudizio di rinvio (o non può essere sospeso il giudizio di rinvio qualora questo sia già stato riassunto).
Il legislatore del ’90 aveva introdotto per la prima volta la possibilità di decidere la causa nel merito da parte della Cassazione (solo nell’ipotesi di cassazione per error in iudicando). Dopo l’entrata in vigore della L. 353/’90 ci si è chiesti se queste sentenze che decidono la causa nel merito possano essere a loro volta impugnate. Nel 2006 si è introdotto l’art. 391 ter c.p.c. in cui si prevede la proponibilità delle impugnazioni straordinarie contro la sentenza della Cassazione che decida la causa nel merito (revocazione per i motivi di cui al n. 1), 2), 3), 6) art. 395 c.p.c. e opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.).
È stata introdotta la possibilità di proporre contro le sentenze della Cassazione l’istanza di correzione delle sentenze (art. 291 bis c.p.c.), questo è previsto in via generale dagli art. 287 e 288 c.p.c. nelle ipotesi in cui la sentenza sia affetta da omissione (o errore materiale), oppure da errore di calcolo (questo è un mero errore nel fare un’operazione). L’omissione è quell’errore che è immediatamente evidente ictu oculi dalla semplice lettura della sentenza (es. per tutta la sentenza il convenuto è indicato come Mario Rossi, nel dispositivo si condanna Marco Rossi), il che significa che il contenuto della sentenza è comunque chiaro, se c’è un dubbio sul contenuto non si può procedere con l’istanza di correzione degli errori materiali ma bisogna impugnare la sentenza.
A volte nella motivazione può esserci un’affermazione, il contenuto della sentenza non può non essere determinato anche in relazione alla motivazione. Allora ci si è chiesti se quando nel dispositivo manchi la pronuncia su una delle domande cumulate si possa trarre la pronuncia da affermazioni contenuti nella motivazioni. In giurisprudenza si è affermato il principio dell’integrazione del dispositivo con la motivazione, quindi le parti del dispositivo incomplete possono essere completate da affermazioni contenute nella motivazioni. Quando però il dispositivo è completamente privo di pronuncia su una domanda non è possibile che esso venga integrato con le affermazioni ricavate dalla sola motivazione.
L’istanza di correzione per errore materiale và proposta allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza. La revocazione per errore di fatto si propone ancora allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza.
La differenza qui sta nell’inciso che “l’errore di fatto deve risultare dagli atti e documenti della causa. Vi è questo errore quando la sentenza è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, o sulla supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, purché in entrambi i casi il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare” (art. 395.4 c.p.c.). È un errore anch’esso un errore derivante da una svista del giudice, ma a differenza dell’errore materiale non emerge dalla lettura della sentenza, emerge dal confronti con gli atti e documenti di causa. Si ha questo errore di fatto quando quel fatto ha avuto un rilievo causale rispetto al contenuto della sentenza. Il giudice non deve essersi pronunciato sulla questione relativa a quel fatto, perché allora non si ha una svista ma una decisione errata sulla questione di fatto, e quindi si propone ricorso per Cassazione per contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso decisivo per il giudizio (motivo n. 5) art. 360 c.p.c.).
Il giudizio di rinvio è pendente fin dal momento della pubblicazione della sentenza di cassazione, dal quel momento deve essere riassunto con atto di citazione (ora la riassunzione deve avvenire entro 3 mesi).