Costituisce la fase rescissoria di quella fasce rescindente formata dal giudizio per Cassazione.
Il giudice di rinvio è un giudice di pari grado rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza cassata, ma diverso (art. 383.1 c.p.c.). Questo vale per il giudizio di rinvio prosecutorio, quando la cassazione è avvenuta per error in iudicando (quando la cassazione è avvenuta per error in procedendo si ammette che il rinvio possa anche avvenire anche al medesimo ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice che ha emanato la sentenza cassata).
Vi sono tre ipotesi di deroga per quanto riguarda il giudizio di rinvio:
– Se il ricorso per Cassazione è omesso medio (per saltum) allora la Corte può (deve) rimettere le parti al giudice che sarebbe stato competente a pronunciare sull’appello al quale le parti hanno rinunciato.
Nel caso di ricorso per Cassazione per saltum il ricorso è ammesso solo per error in iudicando;
– Se la Cassazione rileva un vizio per cui il giudice d’appello avrebbe dovuto rimettere la causa al giudice di primo grado, rimette la causa direttamente al giudice di primo grado (cosiddett rinvio improprio).
– Qualora in primo grado venga eccepita l’eccezione di incompetenza ed il giudice la respinga, poi anche in secondo grado viene eccepita l’eccezione di incompetenza ed il giudice la respinge nuovamente, se la Cassazione viene poi adita per violazione delle norme sulla competenza, essa, se rileva che effettivamente il giudice di primo grado non era competente, rimetterà la causa al giudice di primo grado competente (invece l’erronea dichiarazione di difetto di giurisdizione rientra nell’ipotesi dell’art. 353 c.p.c., quindi se il giudice di primo grado ha dichiarato erroneamente il proprio difetto di giurisdizione l’ipotesi è compresa nell’art. 383.3 c.p.c.).
Il giudizio di rinvio è pendente fin dal momento della pubblicazione della sentenza di cassazione, dal quel momento deve essere riassunto con atto di citazione (ora la riassunzione deve avvenire entro 3 mesi).
La giurisprudenza e la dottrina prevalente distinguevano fra giudizio prosecutorio e restitutorio, questo rileva ai fini dell’estinzione del giudizio di rinvio. L’art. 393 c.p.c. afferma che se si estingue il giudizio di rinvio (prosecutorio) si estingue l’intero processo, ma sopravvive la sentenza della Cassazione per quanto riguarda il suo effetto vincolante (sopravvive il principio di diritto). Con l’espressione “estinzione dell’intero processo” il legislatore ha voluto escludere la reviviscenza della sentenza di primo grado, ma trova comunque applicazione l’art. 310 c.p.c. che disciplina gli effetti dell’estinzione del giudizio (vedi p. 143, è una disposizione generale in tema di estinzione). Ci si chiede se questa disciplina trovi applicazione in ogni caso di giudizio di rinvio.
Non è così, se si estingue un giudizio di rinvio restitutorio troverà applicazione l’art. 338 c.p.c. che prevede il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (vedi p. 221).
Dopo il 2006 il principio di diritto può essere formulato anche in seguito alla cassazione per error in procedendo quando la Cassazione ritiene di decidere una questione di particolare importanza (vedi p. 227). Ci si chiede se la disciplina dell’art. 393 c.p.c. si applichi anche al principio di diritto formulato dalla Cassazione che ha cassato per error in procedendo.
Poi nell’art. 393 c.p.c. non parla espressamente di principio di diritto, si dice che la sentenza della cassazione sopravvive per quanto riguarda il suo “effetto vincolante”. Si ritiene che quell’espressione vada riferita solo al principio di diritto. Non avrebbe senso la sopravvivenza del principio di diritto formulato dalla Cassazione quando ha cassato per error in procedendo; avrebbe solo una funzione nomofilattica (di indirizzo nell’interpretazione), ma questa è una pronuncia con riferimento a vizi di quel processo, quando viene riproposta la domanda si ha un altro processo, in cui non si è verificato quel vizio. La ragione della sopravvivenza del principio di diritto formulato dalla Cassazione quando ha cassato per error in iudicando sta nel fatto che qui ha formulato quel principio di diritto in relazione ad una futura decisione del merito.