Tutela inibitoria:

È chiamata anche azione in cessazione: si chiede al giudice che ordini la cessazione di una condotta illecita che può essere positiva o negativa (commissiva od omissiva).

Vi sono delle norme che la prevedono:

–          Art. 949 cc. prevede l’actio negatoria: il proprietario, quando vi siano altri che vantino diritti sul suo bene ed abbia motivo di temerne pregiudizio, può chiedere l’accertamento del proprio diritto di proprietà. Può anche chiedere, se vi siano delle turbative o molestie, che venga ordinata la loro cessazione;

–          Art. 1079 cc. prevede che il titolare di un diritto di servitù, che si vede contestato il suo esercizio, possa chiedere l’accertamento del diritto di servitù stesso. Se vi sono degli impedimenti o delle molestie può chiedere che se ne ordini la cessazione;

–          Art. 7 cc. tutela il diritto al nome: se una persona si vede contestato l’uso del proprio nome, o se riceve pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere al giudice che ordini la cessazione del fatto lesivo;

–          Art. 10 cc. tutela il diritto all’immagine: se l’immagine di una persona viene pubblicata o esposta in casi diversi da quelli previsti dalla legge, si può chiedere al giudice che ordini la cessazione del fatto lesivo;

–          Art. 2599 cc. in materia di atti di concorrenza sleale;

–          Art. 140.1 d.lgs. 206/’05 prevede che le associazioni rappresentative degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti possano agire per la tutela di questi interessi collettivi chiedendo al giudice dei provvedimenti che inibiscano i comportamenti lesivi;

–          Art. 37 d.lgs. 206/’05 prevede proprio l’azione inibitoria: le associazioni rappresentative degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti possono convenire il professionista che utilizza, o raccomanda di utilizzare, condizioni generali di contratto chiedendo al giudice l’inibitoria dell’utilizzo delle clausole abusive;

–          Art. 28 Statuto Lavoratori in tema di repressione condotta antisindacale.

Si è cercato di configurare la tutela inibitoria come una figura generale. Questo tentativo non ha avuto successo perché vi è una difficoltà concettuale a configurare un’autonomia di questa tutela inibitoria. Questa viene riportata o all’azione di condanna, o all’azione di mero accertamento (comunque non è una forma di tutela nuova).

Le azioni inibitorie non possono essere configurate come azioni di condanna poiché sono insuscettibili di esecuzione forzata. Si riteneva che fosse più corretto configurarle come azioni di mero accertamento aventi l’utilità di accertare l’illegittimità di un determinato comportamento con la conseguenza che, qualora vi fosse stata l’instaurazione di un successivo processo per il risarcimento del danno, era incontestabile l’illiceità di quel determinato comportamento.

È da escludere che la tutela inibitoria sia una figura generale di tutela, è preferibile ritenere che esista nei soli casi previsti dalla legge e che non sia possibile ottenere in via generale provvedimenti inibitori al di fuori dei casi previsti dalle legge. È più utile configurarle come sentenze di mero accertamento.

Qui non è in discussione la possibilità di proporre queste azioni. Anche se prevedono la condanna ad un obbligo di fare infungibile o ad un non fare, non si può in alcun modo ritenere che per queste azioni, che sono espressamente previste dalla legge, valga la regola della possibilità dell’esecuzione forzata come condizione di ammissibilità della domanda (questo perché sono espressamente previste). Si potrebbe combinare l’esercizio di queste azioni con l’applicazione delle misure coercitive di cui all’art. 614 bis c.p.c., nei casi in cui ciò sia possibile.

Tutela in prevenzione:

Questa tutela preventiva si fonderebbe sul riconoscimento di una molteplicità di istituti che avrebbero la funzione di prevenire la commissione di un illecito (mirerebbe quindi a prevenire un illecito). Questi istituti sono:

–          L’azione di mero accertamento;

–          L’azione di condanna in futuro;

–          Le azioni cautelari (mirano a prevenire il danno che un diritto sostanziale potrebbe subire a causa della durata del processo di cognizione);

–          Le azioni di nunciazione (di danno temuto o di nuova opera – art. 1171, 1172 cc.);

–          Procedimenti di istruzione preventiva (art. 692 ss. c.p.c.):

  • quando si teme che dei testimoni possano venir meno (ad es. perché malati), e si ritiene che possa essere necessaria la loro testimonianza in una causa futura, si può chiedere l’audizione a causa futura (in sostanza che vengano sentiti prima dell’inizio della causa);
  • accertamento tecnico preventivo: quando un soggetto abbia urgenza di far accertare lo stato delle cose e dei fatti (es. si dà ad un’impresa l’incarico di costruire un capannone il cui tetto ha poi delle infiltrazioni d’acqua. Siccome vi sarà urgenza di riparare il tetto, si può chiedere questo accertamento per iniziare i lavori).
  • Adesso si può anche chiedere che si accertino le cause, quindi vi è quasi una sovrapposizione fra accertamento tecnico preventivo svolto prima dell’inizio della causa nel merito, e la consulenza tecnica d’ufficio svolta nel corso del procedimento.

–          Azione inibitoria.

Questa opinione ha cercato di configurare una generale azione di prevenzione elaborando una classificazione degli illeciti. Ha distinto fra:

–          Illeciti di danno: sono vietati dall’art. 2043 cc.

–          Illeciti di pericolo: sulla base delle norme di cui sopra, è stata elaborata una regola generale che pone un divieto degli illeciti di pericolo, come divieto di porre in essere condotte che pongano in pericolo altri o beni altrui.

Questa opinione non è stata accolta, poiché un conto è l’esistenza dell’art. 2043 cc. che fonda la categoria del divieto degli illeciti di danno, altro conto è elaborare una norma del genere per via interpretativa con riferimento ad una categoria non prevista espressamente quale quella degli illeciti di pericolo. Altro ostacolo è costituito dalla presenza dell’art. 2050 cc. il quale consente lo svolgimento di attività pericolose (è vero che obbliga al risarcimento del danno qualora non si siano adottate tutte le misure idonee ad evitarlo, ma è anche vero che consente lo svolgimento di questa attività). La critica più importante è che alla base di questa opinione vi è l’adozione di un criterio interpretativo di tipo teleologico (sulla base di uno scopo elaborato dall’interprete vengono interpretati gli istituti). Il rischio è che vi siano, come in questo caso, una molteplicità di istituti eterogenei accumunati in un’unica categoria.

 

Quindi si può concludere che, nell’ambito del processo di cognizione, esistono solo le forme di tutela previste dalla legge (processo di mero accertamento, di condanna ed esecutivo); poi esistono forme specifiche previste dalla legge (condanna in futuro, sentenza di condanna sospensivamente e risolutivamente condizionata, condanna generica). Non esistono altre figure generali di tutela.

Non esiste né una tutela inibitoria, né una tutela preventiva, a cui ricorrere al di fuori dei casi previsti dalla legge.

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