Occorre chiedersi se sia corretto qualificare la Corte di cassazione come organo supremo della giustizia (art. 65 ord.g.) in presenza di una disposizione come l’art. 111 co. 8 Cost. che esclude la ricorribilità in cassazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti per motivi diversi dalla giurisdizione. Disposizioni di questo tipo sono estremamente pericolose perché minano l’unità giurisprudenziale, finendo per sottrarre settori non indifferenti di norme dell’ordinamento al controllo della Corte di cassazione, col rischio di creare due magistrature di vertice.

 Primo dell’entrata in vigore della Costituzione, la Corte di cassazione ebbe l’opportunità di svolgere un ruolo simile a quello della Corte suprema americana, chiamata non solo a svolgere la funzione di nomofilachia ma anche ad assolvere al compito di controllare la costituzionalità delle leggi. Con l’avvento della costituzione e la predisposizione di un sistema di controllo accentrato, tuttavia, vennero creati due organi di vertice con due competenze diverse, una per il controllo di costituzionalità delle leggi (Corte costituzionale) e una per la garanzia dell’esatta ed uniforme interpretazione del diritto nazionale (Corte di cassazione). Il problema del rapporto tra queste due corti è stato risolto nel senso che:

  • spetta alla Corte di cassazione di individuare l’esatta interpretazione della legge;
  • spetta alla Corte costituzionale di controllare la compatibilità della legge, così come interpretata dal giudice ordinario, alla Costituzione.

Perché tale separazione di competenza possa funzionare, tuttavia, occorre che quella disposizione di legge sia divenuta diritto vivente, essendosi formata quell’interpretazione consolidata cui abbia contribuito anche la Corte di cassazione.

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