Ai fini dell’applicazione delle regole sulla successione di leggi, il problema preliminare è stabilire se il fatto sia stato commesso sotto l’una o l’altra legge. Tale problema, in particolare, si pone rispetto ai fatti svoltosi non interamente sotto una delle due leggi, ma in parte sotto l’una e in parte sotto l’altra, cosa che può verificarsi:
- nei reati a tempi plurimi (es. reati ad azione frazionata, reati ad evento differito).
- nei reati permanenti.
La dottrina, nel silenzio della legge, ha enunciato i seguenti criteri:
- il criterio della condotta, per il quale il reato si considera commesso nel momento in cui è stata realizzata l’azione o l’omissione.
- il criterio dell’evento (del completamento della fattispecie), per il quale il reato viene commesso nel momento in cui viene a realizzarsi l’ultimo elemento della fattispecie.
- il criterio misto, per il quale dovrebbe guardarsi alla condotta o all’evento a seconda del risultato più favorevole al reo.
Dal momento che il problema del tempus commissi delicti va risolto non in modo unitario, ma in rapporto alle esigenze, talora diverse, ai fini della disciplina della successione di leggi, vanno respinti sia il criterio misto sia quello dell’evento. Deve invece essere accolto il criterio della condotta, poiché è proprio al momento della condotta che il soggetto sceglie di porsi contro il diritto, quindi, è in tale momento che il reato deve considerarsi commesso, in quanto il soggetto non deve sottostare a conseguenze più gravi di quelle che poteva attendersi dalla legge in vigore al tempo in cui agì od omise l’azione doverosa. Si deve perciò guardare:
- nei reati unisussistenti, all’unico atto in cui si perfeziona la condotta.
- nei reati a condotta frazionata, all’ultimo atto della condotta.
- nei reati permanenti, all’ultimo atto della condotta.
- nei reati omissivi, al termine ultimo entro cui avrebbe dovuto adempiersi all’obbligo giuridico di facere.