Sull’essenza del dolo si sono succedute nel tempo tre teorie:

  • la teoria dell’intenzione, che peccava per difetto, perché, circoscrivendo il dolo alla sola volontà diretta a cagionare l’evento, andava ad escludere i casi di dolo eventuale, in cui, pur mancando l’intenzione, la coscienza giuridica riteneva trattarsi di reati dolosi.
  • la teoria della rappresentazione, che peccava per eccesso, perché, ritenendo che il dolo consistesse sia nella volontà della condotta sia nella previsione dell’evento, andava a comprendere nell’ambito del dolo anche casi di colpa con previsione .
  • la teoria della volontà (attualmente pacifica), secondo la quale all’interno della volontà intesa in termini normativi rientra non solo l’intenzione, ma anche l’accettazione del rischio della causazione dell’evento.

Attualmente, comunque, prescindendo dall’ambigua formulazione dell’art. 43, vi è un sostanziale accordo nel ritenere che, ai sensi dello stesso, il dolo sia non solo (1) rappresentazione, ma anche (2) volontà. Di conseguenza, nei tanti casi in cui la norma incriminatrice non richiede che l’evento sia stato il punto di mira dell’attività criminosa, perché esso possa dirsi voluto, basta che il reo abbia accettato il rischio della sua verificazione.

Sotto il profilo intellettivo, il dolo è rappresentazione del fatto, ma non necessariamente conoscenza, poiché il dubbio non esclude il dolo. Al contrario, sotto il profilo volitivo, il dolo è volontà, la quale comprende:

  • sia il dolo intenzionale (o diretto), che si ha quando la volontà ha direttamente di mira l’evento tipico, a prescindere che esso sia stato previsto dall’agente come certo o soltanto come possibile.
  • sia il dolo eventuale (o indiretto), che si ha quando la volontà on si dirige direttamente verso l’evento, ma l’agente lo accetta come conseguente eventuale.

 L’evento può quindi dirsi concretamente accertato in tutti i casi in cui l’agente:

  1. si rappresenti almeno la possibilità positiva e concreta del verificarsi dello stesso.
  2. permanga nella convinzione (o nel dubbio) che esso possa concretamente verificarsi.
  3. tenga, ciononostante, la condotta, a prescindere dagli esiti (accettazione del rischio).

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