Il primo elemento dell’analisi logica della proposizione incriminatrice è il soggetto attivo (o autore del reato), ovvero colui che pone in essere un fatto penalmente illecito. Tutte le persone umane (e solo loro) possono essere soggetti attivi di un reato, potendo un qualsiasi soggetto commettere un fatto previsto dalla legge come reato. Occorre quindi distinguere tra:
- capacità penale che, essendo intesa come capacità di essere soggetto di diritto penale, è propria di tutte le persone umane.
- capacità alla pena (imputabilità) e capacità alle misure di sicurezza (pericolosità), sulle quali soltanto alcuni fattori (es. fisiologici, psico-fisici) possono incidere.
Alcuni autori considerano penalmente incapaci i soggetti non imputabili e gli immuni, venendo così a mescolare situazioni assolutamente eterogenee: da un lato, l’incapacità psichica ad adeguarsi al precetto penale e, dall’altro, i casi eccezionali di esclusione della sanzione penale per ragioni di mera opportunità politica.
In rapporto al soggetto attivo occorre distinguere tra:
- reati comuni, ovvero quelli che possono essere commessi da chiunque (es. omicidio).
- reati propri, ovvero quelli che possono essere commessi soltanto da soggetti con particolari qualifiche, le quali, dovendo preesistere alla norma penale, costituiscono il criterio di individuazione del reato.
Il reato proprio nasce in una struttura sociale evoluta, in cui, in base alle diverse funzioni spettanti ai singoli, si differenziano anche i doveri e le responsabilità. In base alla sua qualifica, il soggetto acquisisce la c.d. legittimazione al reato, in quanto tale qualifica:
- o pone il soggetto in rapporto col bene protetto, consentendogli di arrecare ad esso offesa (es. qualifica di detenuto rispetto al bene giuridico del reato di evasione).
- o gli conferisce la possibilità di porre in essere quel tipo di offesa (es. qualifica di possessore della cosa rispetto al reato di aggressione appropriativa).
- o rende opportuna l’incriminazione di fatti altrimenti ritenuti non meritevoli di pena (es. qualifica di imprenditore rispetto al reato di bancarotta).
Sebbene comportino una posizione di sfavore per la correlativa categoria di soggetti, i reati propri non contrastano col principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) se e in quanto tutelino interessi tali da giustificare ragionevolmente tale posizione più sfavorevole.
I reati propri assumono particolare importanza sotto i profili del dolo e del concorso di persone nel reato. A questi fini, quindi, occorre un ulteriore distinzione tra:
- reati propri non esclusivi (lesivi di interessi aperti ), costituiti da fatti che, senza la qualifica soggettiva, costituirebbero comunque un illecito, sebbene extrapenale. La qualifica, infatti, non determina l’offensività del fatto, ma circoscrive soltanto la punibilità a determinati soggetti, col triplice corollario: (1) che possono essere commessi anche da altri (extraneus), (2) che l’ignoranza della propria qualifica soggettiva dà luogo ad errore sul precetto, (3) che il concorrente extraneus che ignora la qualifica deve rispondere di concorso.
- reati propri semiesclusivi (lesivi di interessi semi-aperti ), costituiti da fatti che, senza la qualifica soggettiva, costituirebbero un diverso reato, più o meno grave. La qualifica, infatti, pur non determinando l’offensività e l’illiceità generica, ne determina l’offensività e l’illiceità specifica, col triplice corollario: (1) che possono essere commessi anche da altri (extraneus), (2) che l’ignoranza della propria qualifica dà luogo ad errore sul fatto, (3) che il concorrente extraneus che ignora la qualifica non deve rispondere di concorso.
- reati propri esclusivi (lesivi di interessi chiusi ), costituiti da fatti che, senza la qualifica soggettiva, sarebbero inoffensivi di qualsiasi bene e perciò giuridicamente leciti. La qualifica, infatti determina l’offensività e l’illiceità del fatto ed eleva a reato un fatto altrimenti inoffensivo e lecito, col triplice corollario: (1) che sono di attuazione personale, (2) che l’ignoranza della qualifica soggettiva dà luogo ad errore sul fatto, (3) che il concorrente extraneus che ignora la qualifica non risponde di concorso.