Il fatto che, in mancanza di una norma di diritto internazionale, i singoli Stati regolino l’ambito di applicazione delle rispettive leggi secondo i principi ritenuti più opportuni, porta a moltiplicare le cosiddette situazioni conflittuali.
Anche dal punto di vista processuale il nostro codice risolve il problema nei termini nazionalistici, e non collaborativi, del rinnovamento del giudizio e dell’irrilevanza delle sentenze penali straniere. Tale principio nazionalistico, tuttavia, ha subito attenuazioni nell’ambito europeo ad opera di talune convenzioni ispirate al principio della cooperazione.
L’art. 11 dispone che il cittadino o lo straniero, che sia stato giudicato all’estero, deve essere nuovamente giudicato in Italia:
- nel caso in cui il reato sia stato commesso nel territorio italiano secondo l’art. 6.
- nel caso in cui il reato sia stato commesso all’estero secondo gli artt. 7, 8, 9 e 10, a patto che vi sia la richiesta del ministro.
Le sentenze straniere, se non hanno efficacia preclusiva di un nuovo giudizio in Italia, a maggior ragione non possono avere efficacia esecutiva nel nostro Stato. Non viene quindi ammesso nessun riconoscimento della sentenza penale straniera per quanto riguarda la pena principale, trattandosi di prerogativa che il codice ha voluto riservare esclusivamente al giudice italiano.
L’art. 12, al contrario, ammette il riconoscimento della sentenza straniera per fini secondari:
- per stabilire recidiva o un altro effetto penale della condanna, oppure per dichiarare l’abitualità o la professionalità nel reato o la tendenza a delinquere.
- quando la condanna importerebbe per la legge italiana una pena accessoria.
- quando, secondo la legge italiana, si dovrebbe sottoporre la persona condannata o prosciolta, che si trova nel territorio dello Stato, a misure di sicurezza personali.
- quando la sentenza straniera comporta una condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, oppure deve, comunque, essere fatta valere in giudizio nel territorio dello Stato, agli effetti delle restituzioni, del risarcimento del danno, o ad altri effetti civili.
Il riconoscimento ex art. 12, tuttavia, richiede le seguenti condizioni:
- che la sentenza di condanna sia stata pronunciata per un delitto, previsto dalla legge italiana (doppia incriminazione), e sia irrevocabile.
- che la sentenza sia stata pronunciata dall’autorità giudiziaria di uno Stato estero, col quale esiste trattato di estradizione.
- che, se tale trattato non esiste, vi sia la richiesta del Ministro oppure venga fatta istanza di riconoscimento agli effetti delle restituzioni, del risarcimento o ad altri effetti civili.
- che, secondo le ulteriori condizioni aggiunte dall’art. 733 c.p.p., la sentenza non contrasti coi principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico e sia rispettosa dei diritti umani fondamentali della persona giuridica.