Il diritto penale del fatto è retto da quattro principi fondamentali:
- il principio di legalità.
- il principio di materialità
- il principio di offensività
- il principio di soggettività
Per il moderno diritto penale il reato consiste in un fatto esclusivamente umano, tale cioè da avere il suo principio nel soggetto, tuttavia, poiché è fatto umano non solo quello estrinsecantesi nel mondo esteriore, ma anche quello esaurentesi nell’interno della psiche, sempre ricorrente è il problema se il diritto penale debba avere come proprio oggetto soltanto i comportamenti esterni (principio di materialità del fatto) o anche i fatti meramente interni (principio di soggettività del fatto):
- per il principio di materialità (nullum crimen sine actione), può essere reato solo il comportamento umano materialmente estrinsecantesi nel mondo esteriore, il quale, essendo munito di una sua corporeità, può essere percepito attraverso i sensi.
Tale principio rappresenta il cardine del liberalismo penale che, nella costante preoccupazione di limitare la libertà individuale nella misura strettamente necessaria alla vita comune, riserva al diritto penale sole le azioni esterne.
- per il principio di soggettività, al contrario, si tende a riscontrare reato anche in momenti meramente psichici (nuda cogitatio). Anche se normalmente non si prescinde dal quid di esteriore, ciò non rileva di per sé ma quale dato rivelatore di un atteggiamento interiore.
Tale principio dà vita ad un diritto penale ideologico, poliziesco, terroristico e liberticida (es. nazionalsocialismo), dal momento che viene a crearsi, alternativamente:
- un diritto penale dell’atteggiamento interiore o del sospetto, che persegue gli atti interni carpiti violentemente e fraudolentemente.
- un diritto penale della pericolosità, fondato non sull’agire ma sul modo di essere del soggetto, il quale viene perseguito per quello che è e non per quello che fa.
Il nostro sistema penale si fonda, anzitutto, sul principio di materialità, respingendo ogni altro diritto penale ad impronta soggettivistica, cosa che risulta:
- dalla Costituzione, dove la formula del fatto commesso dell’art. 25 co. 2:
- non indica né un fatto soltanto pensato, né una mera Gesinnug (sentimento), né uno stato soggettivo di pericolosità sociale.
- è conforme al carattere personalistico-garantista della Costituzione e della tradizione costituzionalistica liberale.
- riflette la funzione della materialità del fatto quale supporto del principio di offensività.
- dalla legge ordinaria, poiché anche il codice penale nell’art. 2 parla di fatto commesso e nell’art. 15, escludendo il reato del mero accordo criminoso o istigatore, a fortiori lo esclude rispetto alla mera cogitatio.
Il principio di materialità svolge la prima funzione di delimitazione dell’illecito penale, col triplice divieto di considerare reato:
- un atteggiamento volontario criminoso meramente interno (es. proposito omicida).
- un’intensione meramente dichiarativa, dovendo questa materializzarsi nella realtà sociale.
- un modo di essere della persona, consista essa in un carattere del soggetto o in uno stato di pericolosità sociale.
La materialità del fatto può andare dall’estrinsecazione minima dell’inizio dell’azione (es. reati di tentativo) a quella intermedia della realizzazione dell’intera azione (es. reati di condotta), fino a quella massima della realizzazione dell’evento materiale (es. reati di evento).
Nella sua materialità, il fatto di reato è costituito da un insieme di comportamenti, che danno luogo:
- al c.d. elemento (o aspetto) oggettivo del reato, che riguarda gli aspetti esterni del fatto.
Nel fatto oggettivamente inteso, in particolare, vanno ricompresi:
- gli elementi positivi, rappresentati dalla condotta e dall’evento, dal rapporto di causalità tra la prima e il secondo e dall’offesa.
- gli elementi negativi, rappresentanti dall’assenza di cause scriminanti
- al c.d. elemento (o aspetto) soggettivo del reato, che riguarda gli aspetti del fatto attinenti alla sfera psichica dell’agente.