Per equiparare il non impedire al cagionare, i vari ordinamenti non richiedono la mera possibilità materiale di impedire l’evento, bensì l’obbligo giuridico di farlo (art. 40 co. 2):
- negli ordinamenti a legalità sostanziale, il non impedimento viene punita in via analogica o, comunque, sulla base della nozione sostanziale di reato, cosa che comporta una congenita inclinazione a dilatare la responsabilità omissiva.
- negli ordinamenti a legalità formale, il reato omissivo improprio non può non sottostare al principio di legalità, anche se con esso si pone in tensione sotto il profilo sia della riserva di legge sia della tassatività.
Circa le fonti e la portata dell’obbligo impeditivo si sono suggerite tre concezioni:
- la concezione formale, che, muovendo dal postulato dell’eccezionalità della responsabilità omissiva, esige l’espressa previsione dell’obbligo giuridico di agire da parte di fonti formali (incapace di selezionare tra i molteplici obblighi di agire quelli aventi una reale funzione di garanzia ). Tale concezione, sebbene abbia il merito di aver ricondotto anche la responsabilità omissiva impropria al principio di legalità, presenta vari limiti, a partire dal sostanziale disinteresse per la marginale materia in oggetto.
- la concezione sostanzialistica, che, individuando la funzione della responsabilità per non impedimento nell’esigenza solidaristica della tutela rafforzata dei beni giuridici, fa discendere l’obbligo impeditivo non tanto dalle fonti formali, ma dalla posizione fattuale di garanzia del bene, assunta in concreto da specifici soggetti. Tale concezione, sebbene abbia contribuito alla tipizzazione del reato omissivo improprio, contrasta fortemente col principio della riserva di legge.
- la concezione mista (formale-sostanziale), attualmente prevalente, che tenta una sintesi tra criteri formali e funzionali: la selezione degli obblighi impeditivi, infatti, va effettuata sulla duplice base della previsione in una fonte formale dell’obbligo di agire e della sua corrispondenza alla funzione di garanzia. Con tale concezione, quindi, viene ribadita l’imprescindibilità del fondamento giuridico-formale dell’obbligo di garanzia e la recepita necessità della posizione qualificata rivestita dal garante. La concezione mista, tuttavia, presenta un principale limite, ossia l’incompiuta sintesi suddetta, che cumula la genericità della previsione formale dell’obbligo di agire e le incertezze del criterio sostanzialisti.
Le inadeguatezze delle suddette teorie sono superabili attraverso una ricostruzione dell’obbligo di garanzia secondo principi penali fondamentali (costituzionalizzati):
- in base al principio di riserva di legge (art. 25 co. 2), la giuridicità dell’obbligo, perché sue fonti devono essere esclusivamente fonti formali.
- in base al principio di tassatività (art. 25 co. 2), la sufficiente specificità dell’obbligo, con la conseguente esclusione di tutti gli obblighi indeterminati, compresi quelli costituzionali.
- in base al principio di solidarietà (art. 2), la specificità dei beneficiari dell’altrui obbligo, poiché la tutela rafforzata va circoscritta ai soli soggetti incapaci di adeguata autotutela.
- in base al principio di libertà (art. 13), la specificità dei destinatati dell’obbligo, poiché esso può gravare non mai sulla generalità dei consociati, ma solo su specifiche categorie predeterminate di soggetti.
- in base al principio della responsabilità penale personale (art. 27):
- l’imprescindibilità dei poteri giuridici impeditivi, sottostanti all’obbligo di vigilanza sull’insorgenza di situazioni di pericolo e di intervento sulle situazioni di pericolo in atto.
- la preesistenza del potere-dovere impeditivo al presupposto di fatto (pericolo) che lo attualizza.
- la possibilità materiale del garante di tenere l’azione impeditiva idonea, venendo meno altrimenti l’obbligo di garanzia (ad impossibilia nemo tenetur).
Così ricostruito, quindi, l’obbligo di garanzia è l’obbligo giuridico, gravante su specifiche categorie predeterminate di soggetti previamente forniti degli adeguati poteri giuridici, di impedire eventi offensivi di beni altrui, affidati alla loro tutela per l’incapacità dei titolari di proteggerli adeguamente. Solo l’obbligo di garanzia legittima l’equiparazione ex art. 40 co. 2. e solo il garante, così inteso, è legittimato al reato omissivo improprio.
L’obbligo di garanzia, così ricostruito, si differenzia dagli altri tipi di obbligo di agire:
- dall’obbligo di sorveglianza, in quanto i poteri giuridici di questo non sono impeditivi, ma di pura vigilanza e informazione, con la triplice conseguenza:
- che l’inosservanza dell’obbligo di sorveglianza non dà luogo alla responsabilità ex art. 40 co. 2, perché, in assenza di poteri impeditivi, si tratterebbe di responsabilità per fatto altrui.
- che l’omessa sorveglianza è punibile nei soli casi espressamente previsti da specifiche norme di parte speciale.
- che è fortemente sentita l’esigenza dell’introduzione sia di una disposizione generale dell’obbligo di sorveglianza, che ne statuisca i requisiti e la rilevanza penale, sia di autonome fattispecie incriminatrici della violazione di specifici obblighi di solidarietà.
- dal mero obbligo di attivarsi, dove l’obbligato manca sia di poteri impeditivi che di poteri di sorveglianza e dove l’obbligazione non preesiste, ma sorge al verificarsi del presupposto di fatto. In caso di inosservanza di tale obbligo, quindi, sorge una triplice conseguenza:
- esclusione dalla responsabilità ex art. 40 co. 2.
- punibilità in base alla norma sul reato omissivo proprio.
- attitudine della norma sul reato omissivo proprio a costituire fonte di obblighi di attivarsi, ma mai di obblighi di garanzia, per la necessaria preesistenza di questi al presupposto di fatto che li attualizza.