La determinazione dell’inizio dell’attività punibile è un aspetto problematico della disciplina: quanto + la soglia della punibilità arretra, tanto + vi è il rischio di far rientrare nella sfera del penalmente rilevante, comportamenti innocui o meri propositi delittuosi; mentre spostando eccessivamente in avanti il discrimine tra punibile e non , si va incontro al rischio di frustrare le esigenze preventive che l’istituto stesso del tentativo deve soddisfare.
Il codice Zanardelli del 1889, identificava il tentativo col cominciamento dell’esecuzione del delitto programmato, per ci erano penalmente irrilevanti tutti gli atti preparatori, in quanto atti non ancora aggressivi del bene giuridico.
Per risolvere il problema tra atti preparatori e atti esecutivi, sono stati via via proposti diversi criteri, ma nessuno in grado di pervenire a risultati applicativi sempre soddisfacenti:
- Criterio della univocità, secondo cui si definiscono preparatori tutti gli atti che ancorché idonei rispetto alla commissione del reato, siano contrassegnati da una perdurante equivocità; sono esecutivi gli atti univoci.
- Criterio dell’aggressione, secondo ci sono preparatori tutti gli atti che rimangono nella sfera del soggetto attivo; esecutivi, invece, quelli che riescono a invadere la sfera del soggetto passivo. Tale criterio risulta troppo generico e poi la sfera del soggetto passivo manca nell’ambito dei reati a soggetto passivo pubblico o indeterminato.
- Criterio dell’azione tipica, secondo cui sono esecutivi solo gli atti che danno inizio all’esecuzione della condotta descritta dalla fattispecie di parte speciale. Tale teoria detta “teoria formale oggettiva”, restringe troppo l’ambito della punibilità del tentativo, e poi con riferimento ai reati causali (es. omicidio) non è agevole individuare quando ha avuto inizio l’azione tipica.
- Per rimediare agli inconvenienti della teoria della tipicità, è stata elaborata la teoria materiale oggettiva, secondo cui sono attratti nell’ambito della punibilità a titolo di tentativo, anche gli atti prossimi o contigui a quelli tipici, ovvero gli atti strettamente connessi e coerenti rispetto a quelli tipici. Questa teoria però, risulta di difficile applicazione nell’ambito dei reati causalmente orientati come l’omicidio.
L’esigenza di superare le difficoltà connesse a tale distinzione, ha indotto il legislatore ad abbandonare il tradizionale criterio dell’inizio dell’esecuzione, l’art. 56 infatti, dispone “ chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica”. L’attuale definizione codicistica fa leva sul duplice requisito dell’idoneità e univocità degli atti.