Ex 47 e 59 è attribuita all’errore in qualche caso irrilevanza, in altri casi rilevanza.
Casi in cui è data rilevanza all’errore. Partiamo dal 47 1° che prevede l’errore sul fatto costitutivo di reato. L’intestazione dell’art (“Errore di fatto”) non risulta pienamente aderente al contenuto delle regole poste: questo perchè in primo luogo la mancata rappresentazione di uno degli elementi costitutivi del reato (1°) può esser dovuta sia a motivi fattuali (esempio: 2 borse simili, prendo per mia quella di un altro) sia a motivi di diritto (esempio: ignorando legge amministrativa non mi rappresento come raggiro il comportamento che faccio). L’importante è che la falsa rappresentazione concerna un elemento essenziale del fatto, ossia cada sul fatto costitutivo di illecito penale nella sua essenza naturalistica senza considerare le qualifiche che eventualmente ne facciano parte. E’ quindi un errore sul fatto ( su uno degli elementi costitutivi dell’illecito), non di fatto. L’errore 47 3° è sempre errore sul fatto, ma si caratterizza per esser errore di diritto concernente un elemento normativo.
Il 47 2° che poi sarebbe dovuto esser l’ultimo perchè norma di chiusura, dispone che “l’errore sul fatto che costituisce un certo reato non esclude la punibilità per un reato diverso”. Qui è importante dire che il reato diverso si pone come figura generale rispetto a figura speciale (contrassegnata dall’elemento investito dall’errore). Esso è un rapporto di specialità in astratto (esempio: chi offenda l’autorità costituita in collegio ignorando che si tratti di autorità pubblica non risponderà per il 394 bensì di ingiuria (594) perchè la sua condotta ha realizzato l’elemento oggettivo e soggettivo di quel reato).
Il discorso è diverso quando l’errore casa su un elemento essenziale specializzante che attenua la gravità del reato. Per esempio il caso di un soggetto che cagiona la morte di un uomo, credendo quest’ultimo consenziente. In questo caso il soggetto che uccide non avrà il dolo di omicidio comune e per convesso chi uccide il consenziente ignorandone l’adesione alla morte non realizza il fatto oggettivo ex 575. Il cc non prende in considerazione le ipotesi prospettate: ciò allora ci fa portare la considerazione per cui la lettura di una regola giuridica va compiuta avendo presente che questa regola fa parte di un contesto (cioè un sistema). Cioè la regola reale è raggiunta quando sulla proposizione immediata sottoposta a lettura si innestano quelle altre regole che in positivo o negativo ci danno il predicato della rilevanza giuridica di quella che, alla fine dell’operazione, ci si presenta come fattispecie.
Consideriamo quindi i rapporti norma incriminatrice generale/norma incriminatrice con elemento specializzante: se l’elemento aggrava il reato, purchè i connotati essenziali dell’offesa siano immutati, non c’è dubbio che il dolo della figura generale meno grave è comunque realizzato da chi ignori il dato specializzante. Qualora invece l’elemento specializzante una fattispecie criminosa nei confronti di altra generale abbia l’effetto di attenuare la gravità della prima, non può dirsi lo stesso. Ad esempio dolo di omicidio del consenziente non racchiude il dolo dell’omicidio comune: secondo l’id quod plerumque accidit se non me ne fossi rappresentato il consenso non avrei voluto uccidere.