Il concetto di politica criminale come si visto fin dalle prime definizioni prospettate appare strettamente connesso all’idea di prevenzione. Intendiamo per prevenzione ogni attività individuale o di gruppo, pubblica o privata, tendente a impedire uno o più atti criminali. Il concetto di prevenzione viene tenuto distinto da quello di controllo che viene utilizzato soprattutto per riferirsi alla reazione sociale che segue al reato.

In realtà se per controllo sociale intendiamo i meccanismi attraverso i quali la società esercita il proprio dominio sugli uomini che la compongono ottenendo da questi l’osservanza delle sue norme ci appare immediatamente come il controllo sia un concetto più ampio di quello di prevenzione: è l’operare degli strumenti di controllo a determinare di per sé la prevenzione dei comportamenti in contrasto con le regole sociali, penali o extra-penali.

Secondo questa prospettiva si è differenziato tra un controllo sociale attivo comprendente l’insieme di quei meccanismi attraverso i quali si cerca di prevenire i comportamenti indesiderati e un controllo sociale passivo per riferirsi più propriamente alla reazione nei confronti del comportamento deviante delle regole sociali. Un tale controllo a sua volta si dirà informale ove sia esercitato nell’ambito di gruppi primari o secondari, oppure formale qualora provenga da istanze il cui ruolo è invece definito proprio dell’esercizio di un tale controllo. Il controllo formale può muoversi prevalentemente sulla base di norme formalizzate.

Tornando alla prevenzione propriamente detta significative sono varie distinzioni del concetto. Un criterio di classificazione basato sul modello medico prende in considerazione i tipi di intervento preventivo a seconda del livello di sviluppo del comportamento criminale e distingue innanzitutto una prevenzione primaria per intendere la riduzione delle opportunità criminali e dunque la riduzione o eliminazione delle condizioni criminologiche presenti nell’ambiente fisico e sociale. Una prevenzione secondaria che riguarda invece gli interventi sui soggetti a rischio criminale prima che fatti criminosi siano posti in essere.

Infine una cosiddetta prevenzione terziaria il cui scopo è il trattamento del reo per interrompere carriere criminali ossia l’estensione dei crimini, attuata quando un crimine è già stato commesso e ha come scopo di impedire la recidiva. Un’ulteriore classificazione distingue gli interventi indirizzati agli autori dei crimini e quelli che invece si rivolgono alle vittime.

Un modello di inquadramento della prevenzione è infine quello che attribuisce particolare rilevanza al contesto e alla sequenza logico-temporale degli interventi. Il primo criterio vale a distinguere tra gli strumenti propri della giustizia penale e quelli che si pongono al di fuori di essa. Il secondo serve per differenziare gli interventi attuati prima della realizzazione del crimine per impedirne la verificazione e quelli successivi alla sua commissione per impedirne la recidiva. In ogni caso per la scelta e le modalità di questi programmi occorre affidarsi alla criminologia.

 

Lascia un commento