Alla base dell’elaborazione di un tale modello si pone l’adesione programmatica all’idea già espressa da Sellin, che i criminologi in quanto scienziati non dovrebbero permettere a non scienziati di definire i termini e i confini del loro campo di studio, il quale dovrebbe abbracciare la stessa distinzione tra reati e semplici devianze. La definizione manifesta una linea di continuità con il modello definitorio di Sutherland proponendosi di abbracciare un’area di comportamenti più ampia di quella assunta come rilevante dalle tradizionali definizioni legali sì da comprendere non solo ciò che sia formalmente qualificato come reato da un certo ordinamento penale ma anche le condotte che in pratica siano trattate come tali nonché quei fatti la cui qualificazione come reati muti ne tempo e nello spazio.
- oggetto di studio della criminologia → tutti i comportamenti che risultano effettivamente o potenzialmente assoggettati al diritto penale
- devianza → comportamento difforme da una norma sociale. In essa si identifica peraltro un concetto di genere in quattro più specifiche categorie di comportamenti disposte lungo un continuum a seconda della rispettiva “gravità (seriousness). Quest’ultima viene definita in funzione di tre parametri ma tendenzialmente correlati.
1- livello di consenso: sull’ingiustizia della condotta e sulla norma di cui costituisce una violazione, variabile tra l’estremo della confusione e apatia, fino a quello dell’accordo pressoché generale.
2- severità della risposta sociale: afflittività delle sanzioni sociali previste
3- valutazione sociale del danno: variabile che misura la percezione di dannosità, non il reale pregiudizio sociale arrecato
I parametri di gravità su cui si basa l’articolazione delle varie forme di devianza non hanno naturalmente alcuna ambizione di rispecchiare categorie assiologiche o etiche costituendo la mera traduzione di dati empirici basati sul rilevamento di un giudizio sociale rapportato a singoli gruppi o alla società nel suo complesso. (IMMAGINE : VEDI TESTO)
Ipotizzando che ogni singola tipologia di comportamento deviante sia rappresentata da un punto, l’insieme delle devianze verrà a comporre una figura piramidale e si distribuirà lungo la stessa verticale dal basso verso l’alto secondo una scala corrispondente alla loro gravità sociale, misurata sulla base della grandezza crescente dei tre parametri che ne sono funzione e che della piramide formano gli spigoli. In prossimità della base della piramide sono collocate le forme di devianza meno gravi, al vertice invece le forme di devianza più gravi definite spesso come criminali.
Possiamo notare innanzitutto la fondamentale distinzione tra forme di devianza criminale e non criminale che occupano le due principali sezioni verticali della piramide. Ciascuna di queste sezioni si articola in due ulteriori suddivisioni, rispettivamente costituite dai “crimini consensuali” e “conflittuali” nonché dalle “deviazioni sociali” e dalle “divisioni sociali”. La forma a piramide non è stata scelta casualmente, essa permette di raffigurare una tendenziale caratteristica qualitativa delle diverse devianze.
Il dinamismo caratteristico di questa figura riguarda anche le linee che separano le diverse suddivisioni: si tratta di linee spezzate per rendere l’idea di come la separazione tra le varie categorie sia imprecisa e mutevole nello spazio. Particolarmente mobile appare poi la linea di separazione tra devianze non criminali e devianze criminali. Nelle società moderne i tre criteri di gravità misurati lungo gli spigoli della piramide sarebbero strettamente correlati ossia maggiormente soggetti a localizzarsi nella parte alta del continuum delle devianze.
Per rendere la piramide ancora più rappresentativa del fenomeno criminale occorrerebbe immaginarla come una costruzione nient’affatto simmetrica dai contorni tutt’altro che rettilinei proprio come una potente mano invisibile o un sisma di alto grado ne avessero dissestato la conformazione. Essa manterrà la forma piramidale ma la regolarità delle sue linee apparirà sempre meno avvertibile quanto più l’osservazione si faccia ravvicinata . E l’irregolarità del poliedro potrà anche derivare da sfasature quantitative.
Componenti in cui si articola la categoria della devianza → le devianze collocate nella parte superiore della piramide sono designate come criminali pur con tutta l’ambiguità di cui tale termine viene a caricarsi, specie nei contesti linguistici anglosassoni. Esse comprendono i reati, ossia fatti previsti e puniti dall’ordinamento giuridico con una sanzione penale in senso tecnico. L’ulteriore criterio di distinzione tra le forme di devianza criminale si basa su due concetti ricorrenti in criminologia:
- consenso → unità di misura dell’opinione comune su una certa questione espressa dalla quota di popolazione totale che approva o disapprova certi comportamenti. Esiste consenso quando possa riscontrarsi una concordanza nei giudizi della popolazione e questi siano indipendenti o debolmente correlati all’appartenenza all’uno o all’altro gruppo sociale.
- conflitto → differenze di giudizio che su una certa questione si riscontrano nei diversi gruppi sociali. Si ha conflitto quando la generale convergenza dei giudizi sia inferiore e esista una più pronunciata correlazione tra tali giudizi e l’appartenenza a uno specifico gruppo sociale.
Il concetto di crimine consensuale è assunto nella piramidale come comprensivo di quei crimini la cui penalizzazione riscuote un ampio contesto sociale e che verrebbero classificati tra i mala in se. La categoria dei crimini conflittuali si segnala evidentemente per l’opposta caratteristica di suscitare controversie in merito al disvalore delle relative condotte. Trattandosi di fatti previsti dal diritto penale come reati, le incertezze e divisioni dell’opinione pubblica tenderanno a investire la legislazione vigente.
Anche in tale veste emblematicamente conflittuali risultano senz’altro i crimini politici e tuttavia gli esempi di comportamenti penalizzati a dispetto di vistose spaccature nel giudizio di disapprovazione sociale formerebbero un elenco sterminato. La presa in considerazione delle successive categorie di devianza dette non criminali segnala il distacco della definizione piramidale dalle tradizionali definizioni legali. In generale quanto più grave viene considerata una certa forma di devianza non criminale tanto più probabile che essa venga qualificata come reato.
Una prima forma di devianza non criminale è data dalle cosiddette deviazioni sociali: si tratta di condotte che pur non previste come reati sono comunque sottoposte a controllo dell’autorità e comportano conseguenze negative sul piano reputazionale. Si identificano tre aree principali di deviazioni sociali: la delinquenza minorile, le violazioni della fiducia nella Pubblica Amministrazione e le deviazioni da standard di comportamento interpersonale.
Con il termine divisioni sociali ci si riferisce alle forme di devianza meno gravi che presentano la più bassa probabilità di essere criminalizzate. E infatti la inclusione delle diversioni sociali nel campo di studio criminologico viene fondata sul rilievo di come queste condotte siano occasionalmente soggette a penalizzazione.
Es. reato di bestemmia. Tale fattispecie contravvenzionale è stata ormai depenalizzata e trasformata in illecito amministrativo. Pur basato su un parametro esclusivamente empirico-sociale, il giudizio sulla natura consensuale o conflittuale di un certo reato può essere in qualche modo indiziato dal particolare assetto degli orientamenti giurisprudenziali in merito alla relativa previsione normativa.
Nel caso della bestemmia i dubbi di compatibilità della relativa previsione con il vigente quadro costituzionale avevano trovato espressione in una serie di pronunce della corte costituzionale, inizialmente di rigetto, poi di dichiarazione di illegittimità nella sola parte in cui l’articolo prestava tutela differenziata del sentimento religioso a seconda della fede professata e dunque laddove essa puniva la bestemmia contro i simboli e le persone propri della religione cattolica, con conseguente violazione del principio di uguaglianza. Una volta depenalizzata questa condotta non cessa di costituire oggetto di attenzione per la criminologia. L’assoggettamento alla mera sanzione amministrativa determina uno spostamento verso il basso nella sua posizione piramidale, entro la categoria delle devianze non criminali, precisamente come deviazione sociale.