La concreta configurabilità di un delitto tentato dipende dalla possibilità di rendere compatibili i requisiti previsti dall’art. 56 con le caratteristiche oggettive dei vari tipi delittuosi presenti nel nostro ordinamento.
Il tentativo non è ammissibile:
- Nelle contravvenzioni, l’art. 56 infatti, si riferisce esplicitamente ai soli delitti. La minore gravità delle contravvenzioni, rende inopportuna, a giudizio del legislatore, la loro perseguibilità anche a titolo di tentativo;
- Nell’ambito dei reati colposi: se la colpa si connota per l’essenza della volontà delittuosa, costituirebbe un’evidente contraddizione ammettere che il tentativo possa coesistere con la mancanza dell’intenzione di commettere il reato;
- Nel delitto preterintenzionale, perché nell’eventualità che il soggetto passivo sopravviva, la responsabilità rimane circoscritta (in assenza di volontà omicida) al delitto di lesione o percosse;
- Nei reati c.d. uni sussistenti, dal momento che non consentono la frazionabilità del processo esecutivo in + parti; compiuto l’unico atto che costituisce il delitto (es. ingiuria verbale) l’azione criminosa è completa;
- Nei delitti di attentato e c.d. a consumazione anticipata, ciò in quanto in questi modelli delittuosi, da un lato, il tentativo equivale già a consumazione e, dall’altro, sarebbe un non senso ipotizzare atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere “atti diretti a”.
- Nei reati abituali, dal momento che le singole azioni non assumono rilevanza penale autonoma.
Il tentativo è di incerta ammissibilità:
- Nei reati di pericolo. Anche se parte della dottrina ritiene prospettabile la realizzazione in forma tentata di alcuni reati di pericolo è da condividere la tesi negativa sul presupposti che, punire il tentativo di un reato di pericolo equivarrebbe a reprime il pericolo di un pericolo, finendo con l’anticipare la soglia della punibilità;
- Nei reati condizionati, la configurabilità del tentativo dipende dalla possibilità del verificarsi della condizione obiettiva di punibilità indipendentemente dal perfezionarsi della condotta tipica.
Il tentativo è ammissibile:
- Nei reati aggravati dall’evento, tutte le volte in cui l’evento ulteriore si può realizzare indipendentemente dall’esaurimento della condotta vietata (es. morte di una donna in seguito al tentativo di aborto);
- Nei reati permanenti, a condizione che la condotta positiva sia frazionabile.
Tentativo e circostanze
Taluni operano una distinzione tra la figura:
- del tentativo circostanziato di delitto, che si avrebbe quando le circostanze si realizzano compiutamente nel cotesto della stessa azione tentata;
- del tentativo di delitto circostanziato, si configurerebbe allorché un delitto, se fosse giunto a consumazione, sarebbe stato qualificato dalla presenza di una o + circostanze.
Nessun dubbio sussiste sulla compatibilità strutturale tra tentativo e circostanze compiutamente realizzatesi anche prima che il reato giunga a consumazione (es. l’aggravante del rapporto di parentela si applica anche all’omicidio tentale, perché la parentela preesiste sia al tentativo che alla consumazione).
Le riserve appaiono giustificate a partire dalle ipotesi di tentativo circostanziato di delitto caratterizzate da una realizzazione solo parziale delle circostanze (es. omicidio tentato accompagnato da atti diretti a seviziare).
Suscita ancor + giustificatamente, riserve, la figura del tentativo di delitto circostanziato. Da un lato non si vede la ragione per ritenere che in questo settore le esigenze connesse al principio di legalità possano essere derogate: le circostanze vengono applicate solo su presupposti esplicitamente previsti dalla legge. Dall’altro esistono limiti di ordine strutturale; le circostanze relative all’evento consumativo del reato risultano compatibili solo con la compiuta realizzazione del reato.
Quindi, le uniche circostanze compatibili col tentativo sono quelle che si realizzano compiutamente nello stesso contesto dell’azione tentata.