Ora non è possibile ipotizzare una realizzazione sorretta da dolo o da colpa che non passi attraverso la fase di un primo atto o di una prima inerzia cosciente e volontaria. Lo stesso vale sotto il profilo della preterintenzione, per quanto riguarda la condotta dolosa o colposa, inizio della fattispecie preterintenzionale, per le ipotesi che possono ricondursi sotto il paradigma della preterintenzione. C’è una importante differenza: gli elementi che in queste fattispecie non costituiscono oggetto del dolo o della colpa sono imputati al soggetto agente perchè riferibili a coscienza/volontà. Questa, in queste figure caratterizzate dal 3° criterio di imputazione differente da dolo e colpa, rappresenta un collegamento “psicologico” tra gli elementi fattuali esulanti dal campo del dolo e della colpa e l’agente, sebbene i 2 criteri di imputazione basilari rimangano dolo e colpa anche perchè nel nostro sistema non si ha possibilità di accollo “diverso” se non attraverso una prima fase di condotta dolosa o colposa. Sono quindi stabiliti i criteri di imputazione costituenti “l’elemento psicologico del reato” (43) e a questo punto si opera in genere una curiosa inversione di quello che dovrebbe esser il filo della ricerca, tentando di elaborare una nozione unitaria unificante dolo e colpa arrivando quindi a una formula che esaurisca l’aspetto intero o appunto psicologico dell’illecito penale: quello della colpevolezza.