Secondo l’art. 51 “l’esercizio di un diritto esclude la punibilità” (qui suo jure utitur menimenm laedit).

La ragione di tale scriminante va ravvisata nella prevalenza dell’interesse di chi agisce esercitando un diritto, rispetto agli altri interessi eventualmente configgenti. Inoltre, bisogna rispettare il principio di non contraddizione all’interno di un ordinamento giuridico, per cui sarebbe illogico se da un lato una norma concedesse il potere di agire e, dall’altro ne sanzionasse penalmente l’esercizio (es. sarebbe illogico punire a titolo di danneggiamento il proprietario che esercitando un diritto desumibile dall’art. 896 c.c. tagli le radici provenienti da un fondo limitrofo).

Il concetto di diritto va inteso nell’accezione più ampia, cioè come potere giuridico di agire, a prescindere dalla denominazione dogmatica ( diritto soggettivo, potere, facoltà …); non rientrano nella categoria, invece, gli interessi legittimi e gli interessi semplici, perché non suscettivi di esercizio.

La fonte del diritto può essere una legge in senso stretto, un regolamento, un atto amministrativo, un provvedimento giudiziario, un contratto di diritto privato o perfino una consuetudine.

L’art. 51 però, non indica quando la norma attributiva del diritto debba prevalere sulla norma incriminatrice, per questo, sono prospettabili i criteri generali dell’ordinamento (gerarchia, specialità, cronologico).

Esercizio del diritto. Ai fini della sussistenza della scriminante, non basta vantare in astratto un diritto, è necessario che l’attività realizzata costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto in questione. Se il modo in cui il diritto viene esercitato non corrisponde ad una delle facoltà inerenti al diritto stesso, si superano i confini dell’esercizio scriminante e subentra l’ipotesi di abuso del diritto ricadente al di fuori della sfera di operatività dell’art. 51.

Limiti

A causa dell’esigenza di salvaguardare altri diritti egualmente meritevoli di protezione sono previsti limiti all’esercizio di un diritto, e si distinguono:

  • Limiti interni, desumibili dalla natura e dal fondamento del diritto esercitato (parlare di limite, qui equivale a individuare l’esatto ambito di operatività della norma che lo configura);
  • Limiti esterni, ricavati dal complesso delle norme di cui fa parte la norma attributiva del diritto. I diritti possono essere riconosciuti da una legge ordinaria ( i limiti si desumono dalla fonte da cui il diritto promana e dal complesso delle altre leggi dell’ordinamento) o dalla costituzione (in questo caso il principio di gerarchia delle fonti, impedisce di ricavare limiti da norme di rango inferiore)

Ipotesi significative di esercizio del diritto

Diritto di cronaca giornalistica. L’attività svolta dagli organi di stampa si traduce spesso, nell’esposizione di fatti lesivi dell’onore e della reputazione di terze persone, per cui sembrano sussistere i presupposti del reato di diffamazione.

La giurisprudenza però, riconosce ormai, che il diritto di cronaca costituisce estrinsecazione del diritto costituzionale alla libera manifestazione del pensiero, per cui si ritiene in questa materia ammissibile il ricorso alla scriminante di cui all’art. 51.

Ovviamente il diritto di cronaca non può essere esercitato illimitatamente, perché il bene contrapposto (l’onore) è anch’esso di rango costituzionale, per cui è necessario bilanciare i due interessi contrapposti e apporre dei limiti all’esercizio del diritto di cronaca, che la giurisprudenza riconosce nel:

  • Verità o verosimiglianza della notizia pubblicata;
  • Esistenza di un pubblico interesse alla conoscenza dei fatti medesimi;
  • Obiettiva e serena esposizione della notizia.

 

Caso

Una giornalista pubblica un libro di inchiesta contenente addebiti obiettivamente diffamatori, a carico di un Presidente della Repubblica e dei suoi familiari, accusati di strumentalizzare l’altissima carica per conseguire vantaggi illeciti. (Cass.16 giugno 1981). In questo caso esiste il pubblico interesse alla conoscenza e denuncia dei vantaggi illeciti che un Capo dello Stato carpisce attraverso la strumentalizzazione delle propria carica, per cui gli addebiti risultano coperti dall’art. 51 tanto + quanto + poggiano su fatti corrispondenti al vero o seriamente accertati dalla giornalista.

 

Diritto di sciopero

Tale diritto incontra limiti interni (desumibili dalla natura e dalla ratio del diritto) e limiti esterni (derivanti dall’esigenza di tutelare altri diritti costituzionalmente garantititi).

 

Caso

Alcuni lavoratori in sciopero, tenendosi a braccetto e formando un cordone attorno ad un collega intenzionato a recarsi a lavori, gli impediscono di entrare in fabbrica. Bisogna accertare se si configura un reato di violenza privata.(sent. 9 febbraio 1981). In questo caso, esiste un conflitto tra l’esercizio del diritto di sciopero e la libertà dei non scioperanti di recarsi a lavoro; bisogna chiedersi se le azioni sussidiarie destinate a garantire la riuscita dell’agitazione travalicano i limiti interni al diritto di sciopero e se tra i limiti esterni al diritto di sciopero rientri il diritto di lavorare da parte di chi non intende scioperare. Data la delicatezza della materia esistono ancora opinioni contrastanti.

Jus corrigendi. È il diritto dei genitori esercenti la parentale potestà, di educare i figli, e in alcuni casi può sfociare in fatti corrispondenti a fattispecie di reato (es. percosse, limitazione della libertà personale). Ovviamente anche lo jus corrigendi è soggetto a limiti, come lo si desume dall’art. 571 che incrimina l’abuso di mezzi di correzione; questo art. però rinvia la determinazione dei limiti all’esercizio di tale diritto a criteri di valutazione diffusi nel contesto sociale. Da qui la difficoltà di individuare con certezza l’area scriminante del diritto di correzione, stante la mutevolezza dei canoni di giudizio.

Offendicula. Sono i mezzi di tutela della proprietà (es. filo spinato, cocci di vetro sui muri di cinta) il cui impiego provoca talora danni ai terzi. L’efficacia scriminante degli offendicula viene subordinata all’esistenza di un rapporto di proporzione tra mezzo usato e bene da difendere. (è anche da considerare, e per alcuni è preferibile, la tesi che inquadra l’intera materia nell’ambito della legittima difesa).

 

Lascia un commento