Il nostro sistema considera 2 ipotesi distinte di errore. La prima si verifica nel processo formativo della volontà e consiste in una rappresentazione della realtà non corrispondente al vero (ciò non vuol dire che la concreta volizione è sempre determinata da questa infedele rappresentazione: il dato costante è che se c’è si accompagna alla volizione). La seconda è quella dell’errore-sbaglio: ad esempio io voglio colpire Tizio ma raggiungo Caio.
Ci occupiamo della prima ipotesi. Il linguaggio normativo usa più frequentemente il termine errore, a volte il termine ignoranza. Ex 5 “Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”. Questo in particolare è enunciato nei delitti vs la libertà sessuale ex 609 bis, ter, quater. Al 59 1° c’è la regola per cui “Le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute (nel senso di “ignorate”), o da lui per errore ritenute inesistenti”. Questa norma comunque distingue i due stati mentali, anche se attribuisce loro la stessa rilevanza. In altri disposti invece si menziona il solo errore: ex 47 1°, 2°, 3°. L’errore sul fatto che costituisce un certo reato non esclude punibilità per un reato diverso. L’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato ed ex 59 3° e 4° “se l’agente ritiene per errore che ci siano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate vs o a favore di lui”. Quindi se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a suo favore; se però si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non si esclude, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.