Il problema dell’ammissibilità di un autentico dolo omissivo è ormai superato: anche nei reati omissivi, infatti, viene correttamente ammessa una volizione, essendo ivi psicologicamente configurabile la decisione di restare inattivi da parte di chi ha la consapevole possibilità di tenere una certa attività (reati omissivi propri) o di impedire l’evento, attivandosi in un certo modo (reati omissivi impropri).

Resta invece aperto il problema dell’oggetto del dolo, poiché la specialità del fatto tipico si riflette anche su tale oggetto, con le interferenze con la conoscenza della legge penale:

  • nei reati omissivi impropri il dolo è costituito:
    • dalla conoscenza della sussistenza dell’obbligo giuridico di garanzia, o soltanto della situazione sottostante ad esso (es. essere genitore).
    • dalla rappresentazione del presupposto di fatto che attiva tale obbligo.
    • dalla volontà di non tenere l’ultima azione impeditiva.

Ai fini della colpevolezza dolosa è pacifica, ex art. 5, la sufficienza della conoscibilità della norma incriminatrice, risultante dalla combinazione della norma sul reato commissivo coll’art. 40 co. 1.

  • nei reati omissivi propri il dolo è costituito:
    • dalla rappresentazione del presupposto del dovere di agire (es. ritrovamento del corpo inanimato).
    • dalla volontà di non compiere l’azione doverosa.

 Relativamente a questi reati, le divergenze investono la necessità o meno della conoscenza dell’obbligo di agire, quale riflesso di una vera e propria antinomia del nostro sistema penale:

  • da un lato, sta l’esigenza di salvaguardare l’essenza del dolo omissivo, stante la sua stessa inconcepibilità senza la conoscenza del dovere di agire.
  • dall’altro, sta il disposto dell’art. 5, che nega ogni rilevanza all’ignorantia iuris.

Tale antinomia, tuttavia, si stempera rispetto ai delitti omissivi propri naturali, cioè caratterizzati da un disvalore pregiuridico. Nei presenti reati, quindi, la coscienza e volontà di omettere resta configurabile anche senza la conoscenza della norma penale, poiché l’omittente può frenare la naturale spinta all’azione e decidere per l’inosservanza del dovere morale solo con un cosciente atto di volontà. Al contrario, l’antinomia permane rispetto ai delitti omissivi propri artificiali, ossia di quelli che, essendo privi di un qualsiasi disvalore pregiuridico, hanno come presupposto situazioni di fatto neutre e, perciò, incapaci di suscitare naturali spinte all’azione dovuta. Rispetto a tali delitti, quindi, la conoscenza dell’obbligo di attivarsi e il dolo omissivo non sono concepibili senza la conoscenza della norma penale.

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