Circa la complessa struttura della colpevolezza, la concezione normativa richiede:
a) l’imputabilità.
b) la conoscenza o, quantomeno, la conoscibilità del precetto penale.
c) il dolo o la colpa.
d) l’assenza di cause di esclusione della colpevolezza.
La colpevolezza normativa, quella autentica, presuppone la conoscenza del disvalore del fatto. Ci si chiede, tuttavia, se sia imprescindibilmente necessaria la sua conoscenza effettiva, oppure se sia sufficiente la conoscenza potenziale e, quindi, se rilevi o meno e in che misura l’ignorantia legis.
Il risalente e tormentato dibattito in materia ha maturato la coscienza:
- della inaccettabilità del tradizionale dogma della inescusabilità assoluta, sancito anche dall’art. 5 c.p., perché pecca per eccesso repressivo e contrata con l’art. 27 co. 1 Cost.
- della inaccettabilità dell’opposto dogma della scusabilità assoluta, perché pecca per eccesso scusante e non è necessario per la colpevolezza.
- dell’accettabilità della compromissoria tesi della scusabilità relativa, che afferma la necessità non della conoscenza, ma della conoscibilità della legge e, pertanto, la scusabilità dell’ignoranza inevitabile e l’inescusabilità dell’ignoranza evitabile.
La soluzione della scusabilità relativa è stata accolta dalla Corte costituzionale (sent. n. 364 del 1988), la quale ha dichiarato illegittimo, per contrasto anzitutto con l’art. 27 co. 1 Cost., l’art. 5 c.p. nella parte in cui non escludeva dalla inescusabilità la ignoranza inevitabile. Tale articolo, quindi, deve essere riletto in questo senso: l’ignoranza della legge penale non scusa, tranne che si tratti di ignoranza inevitabile .
Attualmente, quindi, il vero problema resta quello della distinzione tra ignoranza inevitabile-scusabile ed ignoranza evitabile-inescusabile, sulla quale la Corte si è limitata ad indicazioni di massima. La suddetta distinzione appare più approfonditamente ricostruibile secondo i criteri generali di imputazione soggettiva, e cioè distinguendo tra:
- ignoranza colpevole, rimproverabile al soggetto in quanto evitabile, la quale a sua volta comprende l’(1) ignoranza preordinata, che si ha quando il soggetto, a conoscenza dell’esistenza della legge, non prende conoscenza del contenuto, l’(2) ignoranza volontaria, che ricorre quando l’agente non prende conoscenza del contenuto della legge per ostilità o indifferenza verso l’ordinamento giuridico, oppure per pigrizia o trascuratezza, e l’(3) ignoranza colposa, che si ha quando l’agente, ignorando involontariamente la legge, non osserva le regole cautelari di informazione o di condotta, impeditive dell’ignorantia o dell’error legis.
- ignoranza incolpevole, che si ha per esclusione al di fuori dei suddetti casi di ignoranza colpevole, ossia quando essa è dovuta al (1) caso fortuito o forza maggiore (es. errore di stampa) o all’(2) errore scusabile, perché generato dalla fallace informazione o dall’inganno di fonti qualificate (es. errore del giurista nel dare un parere).
Quanto detto, tuttavia, deve essere rapportato alla fondamentale distinzione tra:
- delitti naturali, rispetto ai quali la ignorantia iuris non ha normalmente luogo, dal momento che si ha coincidenza tra norma legale e norma di civiltà.
- delitti artificiali, che costituiscono il naturale terreno dell’ignorantia iuris.