Art.648: “Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve ed occulta del danaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, comunque s’intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due a anni e con la multa da 516 a 10.339 euro. La pena è aumentata quando il fatto riguarda danaro o cose provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata ovvero di furto aggravato.
(2) La pena è della reclusione sino a sei anni se il fatto è di particolare tenuità”.
Iniziamo ora la trattazione dei delitti per inibire la diffusione e l’utilizzo dei beni di provenienza illecita. Il primo reato di cui occorre occuparsi è la ricettazione, caratterizzata da ben quattro diverse modalità di condotta:
- Acquisto. Si intende ogni negozio, gratuito o oneroso, tra vivi o mortis causa, idoneo al trasferimento di un bene nella sfera patrimoniale del soggetto attivo.
- Ricezione. Si intende qualsiasi modalità di conseguimento del possesso o comunque della disponibilità materiale della cosa (incluso quindi l’impossessamento della cosa di origine furtiva).
- Occultamento. Condotta che presuppone necessariamente quella precedente della ricezione, pertanto l’indicazione normativa circa l’occultamento appare come un pleonasmo.
- Intromissione. Si configura, secondo la giurisprudenza, per il solo fatto che il soggetto si sia adoperato al fine di acquistare, riceve o occultare; non sarebbe quindi necessario che lo scopo sia raggiunto.
Oggetto materiale
L’oggetto materiale della ricettazione è il danaro o qualunque altra cosa proveniente da qualsiasi delitto. In giurisprudenza si ammette anche in riferimento a beni immobili, perché gli atti di acquisto del bene possono guardare certamente anche gli immobili (mentre ovviamente occultamento, intromissione e ricezione hanno necessariamente ad oggetto beni mobili).
Il criterio di imputazione soggettiva è il dolo, nelle forme generica e specifica:
- Il dolo generico consiste nella coscienza e nella volontà di porre in essere le condotte con la consapevolezza della provenienza delittuosa dei beni. Il dolo eventuale sembrerebbe escluso dal fatto che il dubbio circa la provenienza illecita ricadrebbe nella contravvenzione di cui all’art.712 (“Acquisto di cose si sospetta provenienza illecita”) riservata al caso in cui si sospetti della provenienza illecita della cosa ricevuta. Ad ogni modo le Sezioni Unite sono di diverso avviso, e scrivono: “perché possa ravvisarsi il dolo eventuale si richiede più di un semplice motivo di sospetto, rispetto al quale l’agente potrebbe avere un atteggiamento psicologico di disattenzione o di mero disinteresse; pertanto il dolo eventuale è ravvisabile quando l’agente, rappresentandosi l’eventualità della provenienza delittuosa della cosa, non avrebbe agito diversamente anche se di tale provenienza fosse stato certo”.
- Si richiede poi anche il dolo specifico di “procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto”. Ad esempio, nel caso ricorra la condotta di occultamento, proprio la finalità di profitto consente di distinguere il fatto di ricettazione da quello di favoreggiamento ex 379.
Considerazioni sul delitto presupposto
- Non è necessario che il delitto da cui proviene il bene sia un delitto contro il patrimonio. La ricettazione di oggetti provenienti da un altro delitto si configura ugualmente come reato contro il patrimonio, in conseguenza dell’illecito incremento patrimoniale derivante dall’acquisizione di beni di illegittima provenienza.
- E’ plausibile la ricettazione da ricettazione: si pensi all’acquisto di cose da altro ricettatore per poi ricettarle nuovamente.
- “Provenienza da” indica che il delitto deve costituire l’origine del bene ricettabile.
- Il delitto presupposto non deve essere stato accertato giudizialmente in altra precedente Non occorre neanche che sia individuato l’autore. Il giudice può affermare l’esistenza dell’autore, nonché ovviamente la provenienza illecita, attraverso anche una prova logica.
La particolare tenuità del fatto
L’art.648 comma 2 prevede un’attenuante speciale che riduce il massimo edittale “se il fatto è di particolare tenuità”. L’accertamento dovrà tenere conto di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie concreta, compresa, perfino, la personalità dell’agente.
Questa attenuante speciale potrà concorrere con quella comune di cui all’art.64 n.4: “l’avere, nei delitti contro il patrimonio, cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di speciale tenuità”. Il concorso tra le due attenuanti è possibile, purché però la loro valutazione del danno arrecato sia rimasta estranea al giudizio di particolare tenuità del fatto, e ciò in quanto il medesimo elemento non può essere tenuto due volte in favorevole considerazione.