Il delitto di violenza sessuale in senso stretto consiste nel fatto di chiunque, con violenza o minaccia, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali (art. 609 bis co. 1):
- il soggetto attivo è chiunque (reato comune);
- il soggetto passivo è il titolare del bene giuridico della libertà sessuale;
- circa l’elemento oggettivo, la condotta consiste, trattandosi di reato a forma vincolata:
- nel costringere taluno a compiere o subire atti sessuali;
- nell’utilizzare il mezzo della violenza personale (fisica o psichica) o reale, se diretta a coartare l’altrui attività;
- nel compiere atti sessuali, qualora questi non siano posti in essere dalla vittima.
Il legislatore, persistendo nel requisito della violenza, ha costretto l’interprete a dematerializzare ulteriormente la vis, fino a renderla evanescente, coll’apprezzabile fine di rendere punibili atti sessuali meritevoli di pena ma privi di un’autentica violenza;
- circa l’elemento soggettivo, trattasi di reato a dolo generico, richiedendo l’art. 609 bis co. 1 soltanto la coscienza e volontà di costringere, mediante violenza o minaccia, altri a compiere o a subire atti sessuali.
Rispetto alla violenza sessuale si pone, più che in altri delitti, il problema del consenso putativo, specie rispetto agli atti sessuali diversi dalla congiunzione carnale, e questo in quanto in materia possono giocare un particolare ruolo:
- la seduzione femminile, sia conscia che inconscia;
- le complesse dinamiche intersoggettive degli specifici rapporti sessuali, persistendo anche attualmente forme non sempre chiare di comunicazione ed interazione dei sessi;
- i fraintendimenti maschili, che portano a percepire come invitanti condiscendenze messaggi femminili aventi un puro significato di cortesia.
Contro gli apriorismi di alcune soluzione ideologiche (es. ideologia dell’aggressione maschile), tuttavia, ai fini dell’accertamento dell’eventuale esistenza della scusante del consenso putativo, il giudice è tenuto a vagliare senza preconcetti la sequenza interpersonale nel suo complesso, valutando tutte le circostanze significative ed interpretando i messaggi verbali e non verbali e i fraintendimenti intersoggettivi;
- l’eventoè duplice, dato che la condotta violenta deve essere causa di due progressivi effetti:
- l’altrui stato psicologico di coazione, la quale può essere assoluta o relativa;
- il compiere o il subire atti sessuali, quale effetto del suddetto stato di coazione (violenza-mezzo);
Sotto l’onnicomprensiva categoria di atti sessuali, la nuova legge ha unificato le ipotesi di congiunzione carnale e di atti di libidine, rispondenti alle tradizionali tipologie di delitti sessuali. Triplice risulta essere la finalità di tale unificazione:
- evitare le troppo minuziose indagini e mortificanti domande sul concreto svolgimento della violenza sessuale, che si traducevano in’ulteriore umiliazione della vittima;
- codificare la moderna concezione della violenza sessuale, secondo la quale l’elemento criminoso della stessa si incentra nell’offesa, comunque arrecata, all’autodeterminazione sessuale, essendo irrilevanti le concrete modalità;
- superare le incertezze interpretative insorte circa la distinzione tra congiunzione e atti di libidine;
- l’oggetto materiale del reato è il corpo umano di persona vivente;
- l’oggetto giuridico è la libertà sessuale;
- l’offesa è l’annullamento (coazione assoluta) o la limitazione (coazione relativa) di tale libertà sessuale (reato di danno);
- la perfezione si ha nel momento e nel luogo in cui la vittima compie o subisce l’atto sessuale. Il tentativo è configurabile nella duplice forma del tentativo incompiuto, allorché la violenza non si compia (es. lettera minatoria non pervenuta), e del tentativo compiuto, allorché alla vis non faccia seguito l’effetto coercitivo (es. non intimibilità del soggetto) o, comunque, l’evento degli atti sessuali da parte della o sulla vittima (es. impossibilità sopravvenuta per soccorso difensivo di terzi).
Trattamento sanzionatorio: il reato è punito a querela con la reclusione da 5 a 10 anni.