Consiste nel fatto di chiunque si introduce nell’abitazione altrui, o in altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si introduce clandestinamente o con l’inganno (art. 614 co. 1) oppure si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattine clandestinamente o con inganno (co. 2):
- il soggetto attivo è chiunque (reato comune);
- il soggetto passivo è il titolare del diritto di libertà domiciliare;
- circa l’elemento oggettivo, la condotta consiste, alternativamente, nelle due modalità ontologiche di violazione domiciliare:
- nell’introdursi, ossia nell’entrare nel domicilio altrui. Mentre la mera introduzione di un arto non può integrare la lesione del diritto dell’esclusività fisica, potendo al massimo dare luogo a tentativo, l’introduzione del capo appare integrare il reato;
- nel trattenersi, ossia nel rimanere nel domicilio altrui.
Nel caso di soggetto che si introduca (lecitamente o illecitamente) e illecitamente si trattenga, non si ha concorso di reati quanto piuttosto un unico reato. Tale introduzione o trattenimento, comunque, deve essere posto in essere:
- contro la volontà (dissenso) di chi ha il diritto di escludere, la quale:
- per quanto riguarda l’introduzione, può essere espressa o tacita;
- per quanto riguarda il trattenersi, deve essere espressa. In caso di ingresso lecito, quindi, la permanenza diventa illecita solo in caso di espresso invito ad allontanarsi;
- clandestinamente, ossia escludendo l’eventuale opposizione del soggetto sottraendosi alla sua vigilanza mediante l’introduzione o il trattenimento di nascosto, senza essere visto e, quindi, senza che tale sua azione venga avvertita dal medesimo;
- con inganno, ossia eludendo l’eventuale opposizione del soggetto inducendolo in errore.
È soprattutto sul problema del consenso presunto, tuttavia, che continuano ad accentrarsi le dispute dottrinali e giurisprudenziali, e con particolare riferimento alle ipotesi in cui l’introduzione avvenga per un fine illecito o immorale (es. di chi, ammesso a frequentare l’abitazione altrui, vi si introduca per compiere uno stupro). De iure condendo, comunque, il dissenso presunto:
- non può essere equiparato al dissenso reale, neppure contrabbandandolo come dissenso tacito, poiché questo postula pur sempre quella manifestazione ostativa di volontà da cui quello invece prescinde;
- non può essere ricondotto all’inganno o alla clandestinità, implicando questi specifiche modalità di comportamento che non sono supplite dal semplice fine illecito dell’agente;
- circa l’elemento soggettivo, il reato è a dolo generico, richiedendo l’art. 614 soltanto la coscienza e volontà di introdursi o di trattenersi in un luogo e la consapevolezza che tale luogo costituisce l’altrui domicilio e che sono posti in essere, l’introduzione, contro la volontà del titolare dello ius prohibendi e, il trattenimento, contro l’espressa volontà di costui o clandestinamente o con inganno;
- l’oggetto materiale è il luogo di abitazione, di altra privata dimora o delle relative appartenenze;
- l’oggetto giuridico è il diritto di libertà domiciliare;
- l’offesaè la lesione di tale diritto (delitto di danno). Trattasi, in particolare, di reato non eventualmente permanente ma:
- istantaneo, nell’ipotesi dell’introduzione;
- permanente, nell’ipotesi del trattenimento;
- la perfezione si ha nel momento e nel luogo dell’introduzione oppure del trattenimento per un tempo sufficientemente apprezzabile, mentre, nella suddetta ipotesi permanente, la consumazione si ha nel momento e nel luogo di cessazione della condotta volontaria del trattenimento. Il tentativo è configurabile sia rispetto alle ipotesi dell’introduzione sia rispetto a quelle di trattenimento.
È circostanza aggravante speciale se il fatto è commesso con violenza sulle cose o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato (art. 614 co. 4). Circa la violenza reale occorre precisare che tra tale violenza e la violazione di domicilio deve sussistere un rapporto strumentale (o modale) e di contestualità. Circa la violenza personale va rilevato che essa viene circoscritta alla sola violenza personale fisica, fermo restando quanto detto con riferimento alla violenza sulle cose.
Quanto all’ipotesi dell’agente palesemente armato, va precisato:
- che essa ricorre quando l’arma è tenuta in modo che la sua presenza possa essere avvertita dal soggetto passivo;
- che non è sufficiente il mero sospetto che l’agente sia armato, desunto da determinate circostanze (es. rigonfiamento della veste);
- che non è necessario che l’arma sia usata, che con essa siano compiuti atti di intimidazione o che sia portata in modo particolarmente idoneo ad intimorire;
- che è sufficiente che l’agente appaia palesemente armato in un momento qualsiasi dell’esecuzione del delitto.
Dato che l’art. 614 co. 4 costituisce un’unica norma a più fattispecie, in caso di realizzazione congiunta di tutte le suddette ipotesi si ha non un concorso di circostanze, ma un’unica circostanza.
Trattamento sanzionatorio: il delitto è punito:
- a querela, con la reclusione fino a 3 anni;
- di ufficio nell’ipotesi aggravata, con la reclusione da 1 a 5 anni.