La giustificazione della applicazione della pena nel caso singolo si colloca all’interno della giustificazione dell’istituto. Non può essere puramente finalistica perché i giudici nella scelta di una o altra pena non hanno gli strumenti necessari per raggiungere le finalità utilitaristiche/ general-preventive.

Infatti al momento della applicazione della legge si farà ricordo a una giustificazione di tipo procedurale, per cui se il sistema penale sul quale si basano è essenzialmente giusto, lo saranno anche le decisioni del giudice che spazieranno entro i soli limiti edittali.

La meritevolezza della pena e gli altri limiti previsti (i 4 punti) sono gli unici canoni di riferimento per stabilire se una pena è giusta o meritata per il reo.

Se il sistema penale è fondato su quei limiti, le pene inflitte saranno meritate dal reo e si avrà come risultato la pura giustizia procedurale.

La pena meritata è quella autorizzata da un sistema sanzionatorio equo. Così concepita la meritevolezza: chiunque sia colpevole merita di essere punito. La pena applicata nel caso singolo ha in sé elementi essenzialmente retributivi.

In conclusione: si supera così il retribuzionismo puro perché con queste tesi si espongono le ragioni che rendono necessario un sistema penale; si assegna una funzione chiara alla pena (la difesa sociale); si super anche il finalismo puro perché si limitano gli interventi punitivi sulla libertà individuale, oltre che al retribuzionismo negativo anche al minimo coerente con la realizzazione dello scopo della pena; il principio di sussidiarietà garantisce che il sistema penale sia l’extrema ratio al controllo sociale dove altri sistemi falliscano o non siano altrettanto efficienti.

L’esecuzione della pena

L’esecuzione della pena è il luogo principale di applicazione delle teorie utilitaristiche e in particolare della prevenzione speciale, perché non si vede altra ragione diversa dalla utilità sociale per ese-guire la pena sui colpevoli. La pena minacciata, lo ripetiamo, dovrà essere credibile in quanto efficacemente applicata ed eseguita.

Il conflitto tra esigenze di carattere general-preventivo e specialpreventivo, quando la esecuzione della pena comporta il rischio certo di distruggere la possibilità di socializzazione, dovrà essere risolto in favore di queste ultime (es. la condanna per consumo di droga all’ex tossico dopo molti anni dal fatto).

Anche la nostra Costituzione tende a riconoscere espressamente le finalità preventive speciali ma non quelle generali. Ma bisogna anche considerare che ignorare le esigenze e le finalità general-preventive nell’ambito esecutivo della pena, comporterebbe a lungo andare il guaio di provocare nella società un sentimento di sfiducia nel diritto e di mancata protezione nei confronti della delinquenza.

Viceversa, la mera retribuzione si reputa incapace di dare contenuti effettivi nell’esecuzione, dal momento che concretamente il principio retributivo nella fase esecutiva è spesso disapplicato a favore delle misure alternative.

Infatti il principio della pena flessibile per sole ragioni special-preventive positive secondo il modello correzionale si è arrivati a una sorta di premialità finalizzata a suscitare nel condannato comportamenti ritenuti utili ai fini della riabilitazione (misure alternative di fronte non solo alla gravità del reato, ma anche alla condotta del detenuto in carcere e a valutazioni sulle condizioni obiettive di reinserimento tutt’altro che oggettivamente certe e razionali.

Dice Cocco: ci stiamo avvicinando a una negoziabilità della pena nella fase esecutiva sensibile alle ragioni di governo deflativo della penalità rispondenti a valutazioni di natura prettamente tecnocratica e organizzativa. Si sta finendo per distruggere il sistema sanzionatorio classico, tanto che l’unico antidoto a un diritto penale riproduttore di disuguaglianze è diritto penale minimo, che tenda piuttosto agli istituti della non punibilità piuttosto che alle misure alternative.

In pratica gli scontri tra le prime due fasi di giustificazione della pena trovano il loro equilibrio a scapito della terza fase, quella esecutiva, tanto che si arriva a correggere gli eccessi nell’esercizio dello jus puniendi con un iniziale alibi della ideologia special-preventiva che diventa dominante e asfissiante di fronte alle altre necessità general-preventive, stante la dimensione di massa della illegalità dilagante nella società odierna.

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