Quanto all’intensità della violenza e alla gravità della minaccia, esse non devono essere tali da annullare la volontà dell’offeso ma è sufficiente che essa venga coartata. Per quanto riguarda il consenso/dissenso si è affermato che il dissenso possa essere espresso o tacito, esplicito o implicito. La idoneità della violenza e della minaccia a coartare la vlontà va valutata non secondo criteri astratti e aprioristici, ma tenendo conto di ogni circostanza oggettiva e soggettiva. Il consenso deve perdurare nel corso dell’intero rapporto, perché se il consenso viene meno in itinere, si va ad integrare il reato di cui all’art. 609 bis.
Così non è necessario che il dissenso si manifesti per tutto il periodo di esecuzione. Si tende così a valorizzare l’aspetto protettivo della piena libertà del consenso. Lo dimostra lo stesso art. 609 bis dove oltre alla violenza e alla minaccia si è dato rilievo all’abuso di autorità. Si è estesa la tutela all’ipotesi in cui nonostante l’assenza di violenza o minaccia, la posizione di gerarchia o superiorità faccia ritenere che il consenso sia viziato dal timore delle conseguenze negative proprio in funzione del particolare ruolo rivestito.
Rimane dubbia la riconducibilità all’art. 609 bis di una serie di altre condotte di aggressione sessuale, come gli atti di libidine (o penetrazione sessuale) commessi dal soggetto agente a sorpresa o con subdola rapidità. La giurisprudenza aveva fatto ricorso ad interpretazioni estensive ricomprendendole nella violenza sessuale.