Quest’ultima è un’ulteriore modalità costrittiva del delitto di violenza sessuale prevista per contrastare le condotte che non si esteriorizzano in condotte violente o minacciose, ma nella strumentalizzazione di una posizione di supremazia. Tuttavia, l’abbinamento tra abuso di autorità e costrizione, fa discendere inevitabilmente forme di violenza impropria o minaccia implicita. Se è così, allora vi è una sostanziale inutilità della nuova previsione bastando il riferimento alla violenza e alla minaccia. In alternativa si può dire che il legislatore riferendosi alla costrizione, intendesse in realtà riferirsi all’induzione. In questo modo però si rischia di forzare la norma.
Si conferma quindi la difficoltà di individuare l’ubi consistam di questa modalità di condotta. Oltretutto, problematico è il coordinamento della disposizione con l’art. 609 quater, I comma, n. 2 che prevede l’ipotesi di atti sessuali commessi con minori di anni 16 non connotate da abuso di autorità. La distinzione diventa troppo sottile. Le Sezioni Unite hanno affermato che l’abuso di autorità di cui all’art. 609 I comma presuppone una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico.
Quanto ai rapporti tra abuso di autorità ex art. 609 bis e ipotesi ex art. 609 quarter, una sentenza ha stabilito che la posizione autoritativa formale e pubblicistica presuppone il dissenso della vittima sulla quale è esercitata una costrizione, cosa che non è invece richiesta all’art. 609 quarter. Qui infatti vi è l’assenza di con stringimento fisico, sussiste un vizio del consenso in conseguenza del rapporto tra i due soggetti. Quindi il criterio distintivo è da individuare nella presenza o meno del costringi mento fisico: nell’art. 609 quarter l’atto è consensuale, ma il consenso è viziato; nell’abuso di autorità l’atto è frutto di costringimento.