Consiste nel fatto di chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno (art. 629). Tale reato rappresenta il prototipo di reato con la cooperazione della vittima, carpita con la vis. Esso, in particolare, rappresenta:
- un reato complesso in senso lato, perché è costituito dai reati in cui si concreta la vis (es. minaccia, percosse) e dal quid pluris dell’induzione ad un certo comportamento dannoso per la vittima e vantaggioso per l’agente o a altri
- un reato plurioffensivo dell’interesse patrimoniale e della libertà di autodeterminazione.
Con riferimento ai caratteri fondamentali di tale articolo, occorre sottolineare le seguenti cose:
- il soggetto attivo è chiunque (reato comune);
- il soggetto passivo è il titolare del rapporto giuridico o dell’aspettativa di diritto costituente l’oggetto del singolo atto dispositivo estorto;
- circa l’elemento oggettivo, la condotta è la costrizione, mediante violenza o minaccia, di taluno a tenere determinati comportamenti, attivi o omissivi. Tra vis e costrizione deve necessariamente esistere un rapporto strumentale ed eziologico e, quindi, la costrizione senza vis, rappresentando soltanto un’induzione, non dà luogo ad estorsione.
Il soggetto passivo della vis, comunque, può non coincidere col soggetto passivo del reato, potendo quella cadere direttamente su terze persone, in quanto la volontà del titolare dell’interesse patrimoniale può essere coartata anche prospettando un male per un terzo;
- circa l’elemento soggettivo, trattasi di reato a dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di costringere taluno, mediante violenza o minaccia, a compiere un atto di disposizione patrimoniale con danno di questi e con ingiusto profitto di sé o di altri;
- l’evento è quadruplice, dal momento che la condotta violenta deve essere causa di quattro progressivi effetti:
- dell’altrui stato di coazione psichica. Rinviando a quanto esposto sui rapporti tra estorsione e rapina (v. pag. 23), va qui ulteriormente precisato che il criterio differenziale della coazione relativa diretta ad estorcere l’atto di disposizione:
- vale limitatamente al settore di interferenza dei due reati, rappresentato dallo spoglio violento di cose mobili;
- non vale per i settori in cui l’estorsione non pone problemi di rapporto con la rapina, o perché ha per oggetto una cosa immobile o perché consiste in un costringimento ad un facere o ad un omittere. In questo caso, quindi, l’estorsione è configurabile anche in presenza di una coazione assoluta;
- dell’altrui stato di coazione psichica. Rinviando a quanto esposto sui rapporti tra estorsione e rapina (v. pag. 23), va qui ulteriormente precisato che il criterio differenziale della coazione relativa diretta ad estorcere l’atto di disposizione:
- del fare od omettere qualcosa da parte del soggetto passivo, ampia locuzione che va restrittivamente interpretata nel senso di un atto di disposizione patrimoniale, che può consistere in un atto positivo (dare o facere) o negativo (non facere);
- del danno altrui, che deve essere procurato dall’atto dispositivo patrimoniale provocato dalla costrizione violenta. Occorre comunque sottolineare che:
- il danno deve essere insito nell’atto stesso di disposizione patrimoniale, non essendovi estorsione quando il pregiudizio patrimoniale deriva quale mera conseguenza di un comportamento non concretantesi in un atto dispositivo;
- il danno non può essere presunto (ritenuto in re ipsa);
- il danno sussiste anche quando si ha una diminuzione della strumentalità del patrimonio, pur se non accompagnata da una diminuzione economica;
- del profitto ingiusto, proprio o altrui, che deve derivare dall’atto dispositivo estorto. Tale profitto, peraltro, risulta essere ingiusto non soltanto quando il mezzo coattivo è illegittimo (es. chi estorce denaro minacciando il sequestro di persona), ma anche quando questo è legittimo o comunque non antigiuridico (es. chi minaccia un’azione giudiziaria per farsi corrispondere una somma superiore al dovuto);
- l’oggetto giuridico è il rapporto giuridico, reale o di obbligazione, o l’aspettativa di diritto costituente oggetto del singolo atto dispositivo estorto (es. contratto estorto al soggetto);
- la perfezione si ha nel momento e nel luogo in cui si verifica, per la vittima, il danno patrimoniale e, per l’agente o altri, l’ingiusto profitto qualora i due eventi siano simultanei, oppure nel luogo e nel momento in cui si verifica l’evento ultimo qualora i due eventi siano successivi. La consumazione si ha quando il delitto perfetto raggiunge la sua massima gravità concreta.
Costituendo l’estorsione un reato di evento, è configurabile sia il tentativo incompiuto (es. lettera minatoria non pervenuta al destinatario) sia il tentativo compiuto (es. arresto dell’agente subito prima della consegna della somma estorta).
Sono previste aggravanti speciali (art. 629 co. 2) analoghe a quelle previste per la rapina. Rinviando a quanto detto in precedenza (v. pag. 25), occorre precisare che:
- rispetto all’aggravante della vis commessa con armi, il puntare l’arma, in quanto integri una coazione assoluta, dà luogo a rapina se finalizzato alla consegna immediata della cosa mobile, mentre resta compatibile con l’estorsione nei soli settori esclusivi di questa, perché relativi a cose immobili, ad un facere o ad un omittere;
- l’aggravante della procurata incapacità di volere o di agire, in quanto compatibile con quella coazione relativa che contraddistingue l’estorsione dalla rapina, è configurabile:
- nel caso in cui tale azione violenta abbia per oggetto lo spoglio di cose mobili, nei confronti della sola rapina, ma non dell’estorsione, fatta eccezione per le ipotesi in cui sia posto in stato di incapacità non il soggetto passivo del reato, ma altra persona (es. stordimento del figlio per costringere il padre all’atto dispositivo);
- nel caso in cui tale azione abbia per oggetto il costringimento ad un fare o ad un omettere, nei confronti dell’estorsione.
Trattamento sanzionatorio: l’estorsione è punita di ufficio:
- con la reclusione da 5 a 10 anni e la multa da € 516 a 2065;
- nelle ipotesi aggravate dell’art. 629 co. 2, con la reclusione da 6 a 20 anni e la multa da € 1032 a 3098;
- nell’ipotesi aggravata di cui al d.l. n. 152 del 1991, con la pena aumentata da 1/3 a 1/2.