Il domicilio è l’ambito spaziale nel quale i suddetti diritti di esclusività vengono esercitati. Rispetto alla pluralità di nozioni di domicilio (es. civile, discale, processuale), quella penale è vista secondo la ratio di tutela autonoma, poiché ai sensi degli artt. 614 ss. comprende:
- l’abitazione, ossia il luogo in cui la persona, liberamente e attualmente, conduce la vita domestica. Ne sono elementi essenziali:
- l’esistenza di uno spazio delimitato, chiuso o aperto, tale da rendere palese la volontà di appartarsi a vita domestica e, quindi, di escludervi altri;
- la fruizione di detto spazio per le attività proprie della vita domestica (es. riposo, alimentazione, pratiche igieniche);
- l’attualità di fruizione, non bastando la semplice destinazione del luogo ad abitazione non accompagnata dalla concreta fruizione di esso;
- la libertà di scelta e di fruizione di detto luogo, non potendo costituire abitazione ai fini della tutela domiciliare il luogo coattivamente imposto o, comunque, rispetto al quale il soggetto non ha la facoltà di concedere o vietare l’ingresso o la permanenza;
- la riconoscibilità oggettiva da parte della generalità dei consociati;
- gli altri luoghi di privata dimora, che, per esclusione, comprendono ogni altro luogo in cui la persona svolge attività della vita privata, diverse da quelle domestiche (es. biblioteca, ufficio privato, chiesa);
- le appartenenze dell’abitazione o di altro luogo di privata dimora, che comprendono i luoghi accessori a questi, in quanto predisposti per il servizio o completamento degli stessi (es. cortili, stalle).
Restano quindi esclusi dalla tutela penale domiciliare:
- i luoghi pubblici e i luoghi aperti al pubblico;
- i luoghi non aperti al pubblico non compresi nella nozione di abitazione, di altro luogo di privata dimora o di appartenenza.
Il sistema di tutela penale dell’inviolabilità del domicilio ha subito varie modificazioni del proprio ambito applicativo, non solo perché arricchito dai delitti contro la riservatezza domiciliare, ma per effetto del sistema di garanzie, restrittivo della legittimità delle limitazioni di tale bene. Dal momento che per determinare il legittimo ambito di tutelabilità penale è prioritaria l’individuazione della portata e dei limiti della garanzia costituzionale, occorre precisare che:
- col proclamare che il domicilio è inviolabile, l’art. 14 Cost. comprende nella propria tutela sia l’originario diritto di libertà domiciliare sia l’emerso diritto di riservatezza domiciliare: sarebbe incongruente, infatti, garantire l’esclusività di presenza domiciliare se fosse poi consentito prendere conoscenza di ciò che ivi avviene;
- il contenuto dei suddetti diritti comprende la facoltà non solo di proibire (ius prohibendi), ma anche di ammettere (ius admittendi) l’ingresso o la presa di conoscenza da parte di terzi;
- nel sistema delle libertà fondamentali, la libertà e la riservatezza domiciliari sono le più direttamente ed immediatamente connesse alla libertà personale, concretizzandosi nel domicilio i presupposti spaziali condizionanti le prime forme di estrinsecazione della personalità. Nel domicilio, quindi, l’ordinamento tutela primariamente la persona umana, motivo questo per cui, correttamente, il codice penale colloca i diritti di violazione del domicilio nell’ambito dei delitti non contro il patrimonio, ma contro la libertà individuale;
- l’inviolabilità domiciliare è strumento di protezione, oltre che della libertà personale, anche di altri diritti fondamentali di libertà, quali i diritti di riunione, di associazione, di culto, di insegnamento, di iniziativa economica, di organizzazione politica e sindacale, in tutti i casi in cui i suddetti comportamenti si concretizzino in forme private;
- circa la nozione costituzionale di domicilio, mentre è ormai assodato che essa si differenzia da quella civile e fiscale, è controverso se essa si identifichi con quella penale oppure sia autonoma e più ampia. Quale che sia la nozione costituzionale accoglibile, comunque, l’attuale normativa penale è pur sempre costituzionalmente legittima;
- il titolare del diritto è colui che attualmente abita o dimora in un certo luogo in base a qualsiasi titolo legittimo di godimento (es. proprietà, abitazione) o a situazione di fatto protetta dall’ordinamento giuridico (es. possesso, detenzione). Tale diritto, quindi, risulta essere tutelato anche contro gli atti di violazione del proprietario.
Contro tale dominante opinione è stata sostenuta l’indifferenza della liceità o illiceità del possesso dello spazio domiciliare, affermandosi che ciò che rileva ai fini dell’esistenza del diritto di libertà domiciliare è la situazione di fatto del possesso dello spazio e del suo uso;
- la titolarità del diritto è riconosciuta a qualsiasi persona fisica, indiscriminatamente e alle persone giuridiche ed agli enti di fatto;
- nei frequenti casi di plurime titolarità rispetto alla stessa sfera spaziale, costituendo essa domicilio per una pluralità di soggetti, i possibili conflitti di volontà tra co-domicilianti circa l’ammissione o l’esclusione di terzi vanno risolti con la prevalenza dello ius prohibendi sullo ius admittendi: mentre la prevalenza del primo garantisce una facoltà compresa nei diritti di libertà e di riservatezza domiciliare di tutti i soggetti conviventi, infatti, la prevalenza del secondo realizzerebbe il diritto soltanto di alcuni dei conviventi, con contemporaneo irrimediabile pregiudizio dell’inviolabilità domiciliare degli altri;
- la portata della libertà e riservatezza domiciliari non è astrattamente predeterminabile, ma si presenta variabile in rapporto alla varia casistica delle situazioni pluripersonali:
- il domicilio unipersonale, l’unico che consente la realizzazione della libertà e della riservatezza domiciliari nella loro pienezza (ipotesi estrema);
- la comunità familiare, rispetto alla quale titolari dei diritti dell’inviolabilità domiciliare sono entrambi i coniugi, onde tale inviolabilità è loro riconosciuta nei confronti dei terzi ma non nei rapporti reciproci;
- le comunità extrafamiliari organizzate egualitariamente (es. coabitazione), rispetto alle quali ciascun componente è titolare dei diritti all’inviolabilità domiciliare e della relativa facoltà di esclusione, onde anche qui tale inviolabilità è loro riconosciuta nei confronti dei terzi ma non anche nei rapporti reciproci;
- le comunità organizzate gerarchicamente, di diritto pubblico (es. caserme) o di diritto privato (es. conventi), rispetto alle quali va distinto tra:
- il superiore, cui spetta lo ius admittendi e lo ius prohibendi;
- i subordinati, che sono titolari dello ius prohibendi rispetto non al superiore ma agli altri componenti della comunità e ai terzi, pur se limitatamente ai luoghi riservati al loro uso esclusivo (es. cella), ma che non hanno lo ius admittendi di terzi nella cerchia del loro convivio, neppure rispetto ai luoghi particolari ad essi assegnati;
- le convivenze promiscue, dove libertà e riservatezza non possono essere concretamente realizzate;
- dalla proclamata inviolabilità del domicilio deriva, oltre all’indiscriminato riconoscimento della titolarità dei diritti domiciliari a qualsiasi soggetto, anche la garanzia pluridirezionale degli stessi, ossia contro:
- le interferenze dei privati, che non potranno in alcun caso essere facoltizzati dalla legge ordinaria ad operare violazioni di tali diritti;
- le interferenze dei soggetti investiti di pubblici poteri, ai quali è conferita la possibilità di apportare limitazioni ai diritti domiciliari solo secondo il modello garantista previsto dalla norma costituzionale. Tali limitazioni, tuttavia, sono subordinate al quintuplice controlimite:
- della tassatività degli atti di interferenza (ispezioni, perquisizioni reali e sequestri), non essendo alla pubblica autorità riconosciuto un potere generale di limitazione della libertà domiciliare;
- della riserva di legge, dovendo questa indicare casi e modi di dette interferenze;
- della riserva di giurisdizione, dovendo le concrete interferenze essere disposte dall’autorità giudiziaria;
- della motivazione del provvedimento autoritativo;
- della finalità di giustizia, allorché si accolga la tesi garantista dell’art. 14 co. 2 come norma servente rispetto alla norma dell’art. 25;
- le deroghe al suddetto meccanismo generale di protezione sono previste (art. 14 co. 3) limitatamente agli accertamenti e alle ispezioni per motivi di sanità o di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali. Le interferenze domiciliari danno quindi luogo alla sanzione di incostituzionalità se sono ammesse dal legislatore ordinario fuori dai suddetti limiti fissati dalla legge.