Sempre nel quadro delle conseguenze dell’illecito internazionale, resta da considerare l’obbligo che incombe sullo Stato autore dell’illecito di riparare il danno causato. In tale riparazione si è soliti far rientrare quantomeno tre figure:
- l’obbligo della restituzione in forma specifica (restituito in integrum), ossia del ripristino della situazione di fatto e di diritto esistente prima del compimento dell’illecito. Il dovere di far cessare l’illecito e di cancellarne ove possibile gli effetti, peraltro, appare come un aspetto dello stesso obbligo violato. Non è quindi il caso di configurare la restituito in integrum come oggetto di un obbligo nuovo prodotto dalla violazione;
- la soddisfazione, ossia una forma di riparazione di danni morali (es. presentazione ufficiale di scuse, versamento di una somma simbolica). Secondo una certa tesi, la soddisfazione può anche essere costituita dalla semplice constatazione dell’avvenuta violazione ad opera di un tribunale internazionale, con il che non si capisce come si possa parlare di un obbligo di fornire soddisfazione: in tal caso, infatti, l’autore dell’illecito non è neanche tenuto a sottoporsi al giudizio di un tribunale. Se si ha riguardo alla prassi, ciò che può dirsi è che la presentazione ufficiale di scuse o la prestazione di carattere simbolico, se accettati dallo Stato leso, facciano venir meno qualsiasi conseguenza del fatto illecito e, in particolare, il possibile ricorso a misure di autotutela. La soddisfazione, quindi, lungi dal costituire l’oggetto di un obbligo, va a formare allora il contenuto di una sorta di accordo che elimina qualsiasi questione esistente tra Stato offeso e Stato offensore;
- il risarcimento del danno prodotto dall’illecito internazionale, con riferimento al quale occorre chiedersi se esso scaturisca da qualsiasi violazione di norme internazionali. A parte la materia del trattamento dello straniero (protezione diplomatica), tuttavia, la prassi non risulta essere certa. Può pertanto ritenersi che il risarcimento sia sicuramente dovuto se la violazione del diritto internazionale consiste in azioni violente contro beni, mezzi ed organi dello Stato (danni materiali). Fuori di questi casi, al contrario, è difficile ritenere che il diritto internazionale consuetudinario imponga che il danno venga risarcito. Ancor meno sembra che un obbligo di risarcimento scaturisca dalle guerre di aggressione: non bisogna infatti confondere la materia del risarcimento richiesto agli Stati vinti per il solo fatto dell’aggressione con la riparazione dei danni prodotti dalla guerra ai cittadini degli Stati.
L’obbligo del risarcimento dal danno discusso fino a questo punto riguarda i rapporti tra Stati. Diverso è il caso dei trattati che prevedono che lo Stato contraente abbia l’obbligo di risarcire direttamente gli individui (es. l’art. 41 della Convenzione europea sui diritti umani stabilisce che, accertata una violazione della Convezione, qualora il diritto interno non permetta di eliminare le conseguenze della violazione, la Corte possa concedere un risarcimento alla parte lesa).