Due principi generali sono stati sempre affermati in materia di navigazione aerea.
Il primo prevede che la sovranità dello Stato si estenda allo spazio atmosferico sovrastante il territorio ed il mare territoriale.
Per il secondo, lo spazio che non sovrasta il territorio ed il mare territoriale dello Stato deve restare libero all’utilizzazione di tutti i Paesi; con la conseguenza che ciascuno Stato esercita il proprio, esclusivo potere di governo sugli aerei aventi la sua nazionalità (ossia in esso immatricolati).
Quando si parla di sovranità estesa allo spazio atmosferico sovrastante il territorio si intende soprattutto fare riferimento alla possibilità per lo Stato territoriale di regolare il sorvolo.
La contrapposizione tra territorialità dello spazio atmosferico sovrastante il territorio e libertà dello spazio atmosferico sovrastante l’alto mare non è rigida: dopo l’introduzione dei motori a reazione, che hanno aumentato notevolmente la velocità degli aerei, è invalsa la prassi delle c.d. zone di identificazione aerea, zone che si estendono anche per centinaia di miglia nello spazio sovrastante l’alto mare intorno alle coste.
Gli Stati costieri impongono agli aerei stranieri che entrano in dette zone e che sono diretti verso le coste l’obbligo di sottoporsi alla identificazione, alla localizzazione e ad altre misure di controllo esercitate da terra.
Dalla prassi in materia di zone di identificazione aerea può dedursi un limite al principio della libertà dello spazio atmosferico extraterritoriale, nel senso che un certo esercizio del potere di governo sugli aerei altrui è quivi consentito per quanto strettamente richiesto da esigenze di difesa.
Passando alla navigazione cosmica, ad essa è applicabile anzitutto, per analogia, il principio sulla libertà di sorvolo degli spazi nullius.
Lo Stato che lancia il satellite o la nave spaziale ha diritto al governo esclusivo di questi ultimi.
Per quanto riguarda lo spazio sovrastante il territorio, non sembra applicabile il principio dell’estensione della sovranità dello Stato territoriale.
Nella prassi internazionale mai lo Stato che ha lanciato satelliti, astronavi etc. si è ritenuto obbligato a richiedere il preventivo consenso di altri Stati.
Il regime degli spazi cosmici ha formato oggetto di alcune convenzioni multilaterali, promosse ed elaborate in seno all’ONU, che si ispirano al principio di libertà ora indicato.
Fondamentale è il Trattato sui “principi relativi alle attività degli Stati in materia di esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, inclusi la Luna e altri corpi celesti”, il quale oltre a confermare che lo spazio extra-atmosferico non può essere sottoposto alla sovranità di alcuno Stato ne sancisce la denuclearizzazione, definisce gli astronauti come “inviati dell’umanità”, impegnando gli Stati a dar loro ogni possibile assistenza in caso di incidenti, pericolo od atterraggio di emergenza, prevede la responsabilità dello Stato nazionale e dello Stato dal cui territorio un oggetto spaziale (satellite, nave spaziale) è lanciato, per i danni procurati dalle attività cosmiche, ed attribuisce infine allo Stato nel quale l’oggetto è registrato piena “giurisdizione e controllo” sull’oggetto medesimo.
Anche per gli spazi atmosferici e cosmici può parlarsi di risorse naturali: ci riferiamo all’utilizzabilità degli spazi a fini di radio e telecomunicazione.
La libertà di utilizzazione dello spazio a fini di radio e telecomunicazione costituisce, per quanto riguarda gli spazi cosmici e lo spazio atmosferico sovrastante l’alto mare ed i territori inappropriati o inappropriabili, un aspetto della più generale libertà relativa a simili spazi e valevole anche per la navigazione.
La stessa libertà si è affermata con riguardo alle radiocomunicazioni anche per lo spazio atmosferico sovrastante il territorio dello Stato, in deroga al principio della sottoposizione di simile spazio alla sovranità territoriale.
La libertà di cui stiamo parlando incontra il consueto limite del rispetto delle pari libertà altrui.
Per quanto riguarda le radio e telecomunicazioni si ritiene che siano limitate sia lo spettro delle onde radio sia la c.d. orbita geostazionaria, cioè l’orbita circolare intorno all’equatore nella quale i satelliti ruotano con lo stesso periodo di rotazione della terra, restando praticamente fissi rispetto a questa.
L’orbita geostazionaria ha formato oggetto di una rivendicazione di sovranità da parte di vari Paesi equatoriali (Brasile, Congo, Ecuador, Indonesia, Kenya, Uganda, Zaire e Colombia) in una dichiarazione, la Dichiarazione di Bogotà del 13-12-1976: tale dichiarazione ha incontrato l’opposizione della maggioranza degli Stati, non è stata seguita da alcuna applicazione concreta, e non sembra avere alcun fondamento.
Il principio che l’utilizzazione dell’orbita geostazionaria e dello spettro delle onde radio debba aver luogo, trattandosi di risorse limitate, in modo da tener conto degli interessi di tutti i Paesi, è ribadito dal 44 della Costituzione dell’ITU .
Sulla base di questo principio si è sviluppata una disciplina dettagliata che tende a limitare e a coordinare l’attività degli Stati.
Non bisogna confondere tra l’uso degli spazi a fini di radio e telecomunicazione ed il problema della possibilità che messaggi radio o televisivi siano diretti, attraverso lo spazio, al territorio di altri Stati senza il consenso di questi ultimi: tale problema riguarda la non ingerenza negli affari interni ed internazionali di altri Stati.