Nei rapporti tra Stati il capo dello Stato, il capo del governo e il ministro degli esteri, nonché altri rappresentanti costituzionalmente qualificati dallo Stato godono dell’immunità assoluta dalla giurisdizione penale da parte di stati stranieri. Si tratta di una immunità personale che include gli atti compiuti da questi individui nell’esercizio delle loro funzioni. Il principio dovrebbe riguardare anche gli individui che ricoprono una posizione costituzionalmente qualificata al vertice di un movimento di liberazione nazionale impegnato nella realizzazione del diritto all’autodeterminazione.
Tuttavia non se ne è avuta la conferma in Italia quando fu spiccato nel 1984 un mandato di arresto nei confronti di Arafat, allora presidente dell’ OLP, cui l’immunità non viene riconosciuta. Il regime dell’immunità personale preclude non solo l’avvio di un procedimento penale nei confronti di un individuo-organo di uno Stato estero, ma anche l’adozione di misure restrittive della sua libertà, senza che rilevi la natura privata o pubblica della sua presenza all’estero o la circostanza che egli sia solo di passaggio.
Analoghi limiti incontra l’esercizio della giurisdizione civile nei suoi confronti: anche in questo caso il suo status rappresenta una condizione di non procedibilità. Sia lo stato che l’individuo-organo potrebbero rinunciare all’immunità. Per gli altri individui-organi dello Stato si configura l’immunità funzionale della giurisdizione penale limitatamente ad atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni perché riconducibili allo stato: essa si presenta in forme più attenuate e non copre i crimini internazionali.
La disciplina è più puntuale a proposito delle organizzazioni internazionali, in cui l’immunità è anche gli individui che siamo solo momentaneamente investiti di funzioni proprie dell’organizzazione (ad esempio i componenti dei contingenti delle Nazioni Unite in missione di pace).