Libertà di navigazione

L’utilizzazione più rilevante dell’alto mare mira a soddisfare l’esigenza di una piena libertà di navigazione, sorvolo e deposito di cavi e tubi sottomarini. Condizione necessaria per il pieno esercizio di queste libertà è che lo stato possa attribuire alla nave la propria nazionalità (bandiera); anche gli stati privi di litorale marittimo possono concedere bandiera marittima. Bisogna distinguere tra navi private e navi pubbliche. Le prime non possono essere assoggettate in alto mare da navi di altre nazionalità; le secondo godono di totale immunità. In merito all’attribuzione della nazionalità, lo stato è vincolato (in via di principio) all’esistenza di un genuine link fra stato e nave. Nonostante ciò, il fenomeno della bandiera ombra (o bandiera di comodo) risulta tollerato.

Per bandiera ombra intendiamo l’opportunità offerta agli armatori di registrare la propria nave in stati dove le prescrizioni richieste dagli enti preposti sono meno severi. Tale tolleranza viene meno in tempo di guerra, laddove sarà necessario accertare l’effettivo legame tra lo stato e la nave. Allo stato di bandiera è imposto il rispetto di una serie di adempimenti riconducibili all’esigenza di sicurezza della navigazione: – costruzione, equipaggiamento e navigabilità delle acque; – ingaggio, condizioni di lavoro e addestramento dell’equipaggio; – segnaletica e strumenti di comunicazione. Con l’affondamento viene meno l’esclusività dell’esercizio del potere di governo. Dalla cancellazione della nave dai registri consegue lo status di res nullius del “relitto”.

Eccezioni al principio di libertà di navigazione

Sono contemplate due classi di ipotesi, in ragione delle quali navi ed aeromobili militari possono compiere attività coercitive in alto mare (e non in acque territoriali straniere) su navi private di altro stato: – diritto d’inseguimento continuo (hot pursuit), che consente di proseguire l’inseguimento cominciato nelle proprie acque; – falso di bandiera, che consente di accertare la reale nazionalità di una nave, ove vi sia un fondato sospetto. Esiste poi il diritto di perseguire i cd. delicta iuris gentium (fatti particolarmente gravi). Fra questi sicuramente rilevante è la pirateria, che può essere compiuta solo in alto mare (non è contemplata la pirateria per analogia, compiuta in acque territoriali).

Gli elementi costitutivi sono: – la violenza su persone o cose; – rapina di cose (depredation); – elemento psicologico e perseguimenti di fini privati (animus furandi). Ciascuno stato può catturare e tradurre la nave pirata in un porto nazionale, dove i soggetti saranno perseguiti secondo la legislazione interna dello stato cattore. La repressione di talune attività individuali è prevista anche nel diritto consuetudinario di guerra, in favore dei soli stati belligeranti, attraverso gli istituti del blocco navale, del contrabbando di guerra e dell’assistenza ostile. Il blocco navale e il contrabbando di guerra sono confluiti nell’unico istituto dell’embargo.

Per embargo (dallo spagnolo embargar, detenere) si intende l’ordine dato ad una nave mercantile di non salpare (o di non attraccare) dal porto dello stato in cui si trova. In senso più ampio, per embargo si intende il blocco degli scambi commerciali deciso da uno o più paesi nei confronti di un paese terzo, solitamente per motivi politici o economici. Si tratta di una misura di coartazione della libertà di decisione degli stati colpiti da tale provvedimento.

Altre forme di interdizione

Il principio di universalità della repressione è esteso a determinate categorie di reati: – tratta degli schiavi; – emissioni non autorizzate; – traffico di sostanze psicotrope. Per la tratta degli schiavi esiste l’obbligo per ciascun stato di prevenire e reprimere tale reato, mediante visita e cattura in alto mare delle navi pirate. La competenza a punire spetta allo stato di appartenenza, purché abbia previsto un’apposita sanzione nella legislazione interna.

Per le trasmissioni radiofoniche o televisive non autorizzate e provenienti da una nave in alto mare ed intenzionalmente dirette verso il territorio di uno stato esiste il diritto di visita e, accertato il reato, la competenza a confiscare le attrezzature e arrestare le persone. Per il traffico di droga non è contemplato, salvo diverse disposizioni poste in testi convenzionali (come quello sottoscritto tra Italia e Spagna), il diritto di visita o di cattura delle navi pirate in alto mare. La repressione dei delicta iuris gentium ha dato vita a diverse elaborazioni dottrinali in merito ad una presunta personalità internazionale degli individui.

Secondo un’antica dottrina pirata non habet patriam, determinando la perdita della propria nazionalità. Anzilotti propone invece la cd. dottrina dell’adventure, in base alla quale chi viola una norma di diritto internazionale determina l’abbandono della pretesa di giurisdizione esclusiva dello stato nazionale, legittimando l’attività repressiva dello stato cattore, le cui norme penali acquistano efficacia universale.

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