Per vari secoli il diritto internazionale marittimo è stato dominato dal principio della libertà dei mari, in forza del quale il singolo Stato non può impedire e neanche soltanto intralciare l’utilizzazione degli spazi marini da parte delle navi che battono bandiera di altri Stati. L’utilizzazione degli spazi marini incontra ovviamente il limite del rispetto della pari libertà altrui: essa, infatti, non può essere spinta dal singolo Stato fino al punto di sopprimere ogni possibilità di utilizzazione da parte degli altri paesi. In contrapposizione alla libertà dei mari, si è sempre manifestata la pretesa degli Stati di assicurarsi un certo controllo delle acque adiacenti alle proprie coste, ma tale pretesa non è quasi mai riuscita vittoriosa.
Ancora nel secolo scorso era sostanzialmente estranea la figura del mare territoriale, inteso come una fascia di mare costiero addirittura equiparata al territorio dello Stato e quindi sottoposta in linea di principio all’esclusivo potere di governo dello stato rivierasco. Dopo di allora la tendenza si è invertita e la pretesa degli Stati costieri al controllo dei mari adiacenti ha cominciato a guadagnare sempre più terreno. Attualmente, quindi, il principio della libertà dei mari non appare più come la regola prima e generale, ma semmai come una delle regole che compongono il diritto internazionale marittimo. Le tappe di un simile processo di erosione del regime di libertà sono le seguenti:
- dalla fine del secolo scorso si è andata diffondendo nella prassi la figura del mare territoriale come zona sottoposta al regime del territorio dello Stato;
- negli anni successivi alla seconda guerra mondiale hanno visto un’estensione clamorosa i poteri dello Stato costiero, con la grande accettazione della dottrina Truman in tema di piattaforma continentale;
- dagli inizi degli anni ottanta la prassi si è orientata a favore del nuovo istituto della zona economica esclusiva, estesa fino a duecento miglia marine dalla costa;
- negli ultimi anni alcuni Stati hanno cominciato a dichiarare di voler tutelare i loro interessi in materia di conservazione della specie ittica in alto mare anche al di là delle rispettive zone economiche esclusive (mare presenziale).