In che cosa la punizione dell’individuo che ha commesso un crimine internazionale differisce dalla punizione di un criminale comune quando a punirlo è una Corte interna?
Il principio che si è venuto affermando al riguardo è quello dell’universalità della giurisdizione penale: si ritiene che ogni Stato possa procedere alla punizione ovunque il crimine sia stato commesso.
Normalmente la giurisdizione penale è esercitabile per quei reati che presentano un collegamento con lo Stato del giudice, e normalmente il collegamento è dato dalla circostanza che il reato sia stato commesso nel territorio di tale Stato (principio di territorialità della legge penale).
Per quanto riguarda il diritto internazionale generale, la regola è che, mentre lo stato è libero di esercitare la giurisdizione sui suoi cittadini, lo straniero può essere sottoposto a giudizio penale solo se sussiste un collegamento con lo Stato del giudice.
Questa limitazione viene meno, e il principio dell’universalità della giurisdizione penale diviene applicabile, quando si tratta di crimine internazionale.
La punizione dei crimini internazionali può inoltre aver luogo, per il diritto internazionale generale, anche quando il colpevole sia stato catturato all’estero illegittimamente, cioè violandosi la sovranità territoriale dello Stato in cui si trovava.
Ed è libero altresì lo Stato di escludere che i crimini internazionali, che esso prevede di punire, siano colpiti da prescrizione.
Così come lo Stato può punire, così pure esso può limitarsi a concedere l’estradizione ad uno Stato che intende farlo.
Per il diritto consuetudinario, lo Stato può ma non deve punire; può ma non deve considerare il crimine come imprescrittibile; può ma non deve concedere l’estradizione dell’individuo allo Stato che intenda punirlo.
Per quanto riguarda il diritto pattizio, sono numerose le convenzioni che (anche per reati non sempre qualificabili come crimini internazionali) contengono la regola “o estradare o giudicare” (aut dedere aut iudicare).
All’universalità della giurisdizione penale fa da pendant l’universalità della giurisdizione civile: affermata dalle Corti statunitensi, essa può considerarsi come avallata dal diritto internazionale generale.
Si potrebbe sostenere che un principio di diritto internazionale consuetudinario, segnatamente un principio generale di diritto riconosciuto dalle nazioni civili, il quale imponga l’obbligo di non considerare come prescritti i crimini contro l’umanità , sia in via di formazione.
Sempre più spesso, nei Paesi dove viene eliminato un Governo che ha commesso violazioni gravi dei diritti umani, come è il caso ad es. del Cile dopo Pinochet e del Sud Africa dopo l’apartheid, si tende a “stendere un velo” sul passato, attraverso l’adozione di leggi di amnistia o la creazione delle c.d. Commissioni di verità e riconciliazione: tutto ciò riguarda il Paese dove si procede alla riconciliazione e quindi non è idoneo ad impedire che, nell’interesse della comunità internazionale, altri Paesi procedano invece alla punizione.
Il principio dell’universalità della giurisdizione consente di punire il crimine ovunque esso sia stato commesso e quindi in mancanza di qualsiasi collegamento tra il crimine medesimo e lo Stato del giudice: ciò non significa che il criminale internazionale possa essere giudicato anche in contumacia.
La prassi non autorizza una conclusione contraria, se si eccettua qualche legge interna che però, sotto questo aspetto, non ha trovato finora attuazione.
Il giudicare in contumacia crimini che già non hanno alcun collegamento con lo Stato del giudice, lungi dal perseguire l’interesse della comunità internazionale, sarebbe una forma di imperialismo giuridico.
La punizione dei crimini internazionali individuali può riguardare organi supremi dello Stato, come i Capi di Stato e di Governo o singoli ministri: si pone allora il problema della sua compatibilità con le immunità di cui tali organi eventualmente godono.