La specie più importante di autotutela è la contromisura (o rappresaglia). Ai sensi dell’art. 49 del Progetto, la contromisura consiste in un comportamento dello Stato leso, che in sé sarebbe illecito, ma che diviene lecito in quanto costituisce una reazione ad un illecito altrui. Anche la regola inadempienti non est adimplendum, per la parte in cui autorizza la sospensione temporanea dell’applicazione di un accordo nei confronti dello Stato che abbia violato il medesimo accordo, è da considerarsi come una specificazione dei principi sulle contromisure.

Le contromisure incontrano vari limiti, previsti dal diritto internazionale generale e particolare:

  • proporzionalità tra violazione subita e violazione commessa per rappresaglia: non si tratta di una perfetta corrispondenza tra le due violazione, come è dimostrato dal fatto che normalmente contro l’inosservanza di un obbligo si può reagire con la violazione di un obbligo del tutto diverso. Più che la proporzionalità, quindi, il diritto internazionale richiede che non vi sia un’eccessiva sproporzione tra le due violazioni;
  • impossibilità di ricorre a violazioni del diritto internazionale cogente: il diritto cogente, infatti, segna esattamente l’ambito entro il quale la contromisura diviene illegittima.

Dal momento che tra le norme di ius cogens vi è anche quella che tutela la dignità umana, peraltro, dal rispetto del diritto cogente resta assorbito il limite del rispetto dei principi umanitari;

  • previo esaurimento degli altri mezzi di soluzione delle controversie: l’art. 52 n. 1 del Progetto dispone che alla contromisura non possa farsi ricorso se non si sia prima tentato di giungere ad una soluzione concordata della controversia. Nulla tuttavia può impedire ad uno Stato che si trovi a dover fronteggiare una situazione di emergenza di prendere le necessarie contromisure.

 Come precedentemente accennato, il termine contromisura è da considerare più appropriato del classico termine di rappresaglia: il nuovo termine, infatti, non sottolinea il carattere afflittivo delle contromisure, ma indica qualsiasi violazione del diritto internazionale che lo Stato leso ponga in essere nei confronti dello Stato offensore per reintegrare l’ordine giuridico violato.

Se intese in questo senso, tra le contromisure deve essere annoverata anche l’inosservanza del divieto dell’uso della forza nel caso in cui occorra respingere un attacco armato (legittima difesa ex art. 51 della Carta delle NU). Buona parte della dottrina, tuttavia, tende a distinguere la legittima difesa dalla rappresaglia. In effetti è lo stesso termine legittima difesa ad essere adoperato in modo improprio: la legittima difesa, infatti, ha essenzialmente carattere preventivo, di conseguenza l’uso del termine si giustifica poco alla luce dell’attuale divieto dell’uso della forza in via preventiva

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