Dal momento che le convinzioni religiose sono un valore che comporta un coinvolgimento affettivo ed emozionale, il soggetto avverte come una sofferenza le azioni che colpiscono tale valore (es. protesta del 2006 contro la pubblicazione di alcune vignette satiriche aventi ad oggetto Maometto). Nel nostro sistema, quindi, sono apprestate una serie di norme di tutela specifica contro le offese dirette al sentimento religioso del cittadino:
- l’art. 10 del codice di autodisciplina pubblicitaria (2007), secondo cui la pubblicità non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose dei cittadini ;
- gli artt. 402-406 c.p., relativi ai delitti contro la religione dello Stato e i culti ammessi, la cui norma cardine, prima dell’intervento della Corte costituzionale, era l’art. 402, che puniva il vilipendio alla religione dello Stato (cattolica), tutelata come simboli della nazione al pari della bandiera e delle istituzioni politiche. La Corte costituzionale ha ritenuto illegittimo tale articolo, affermando che in forza dei principi fondamentali di uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di religione (art. 3) e di uguale libertà davanti alla legge di tutte le confessioni religiose (art. 8), l’atteggiamento dello Stato non può che essere quello di equidistanza e imparzialità nei confronti di queste ultime .
Tale esigenza di parificazione investiva anche la disciplina degli altri reati di cui agli artt. 403, 404 e 405, i quali, se commessi nei confronti di un culto diverso da quello cattolico, erano puniti con pena diminuita (art. 406). La l. n. 85 del 2006, quindi, ha abrogato l’art. 406 e ha modificato le norme citate sostituendo alla pena della reclusione la condanna ad una multa e ponendo come oggetto della tutela le confessioni religiose, e non la religione dello Stato o il culto cattolico ,
- l’art. 724 c.p. (reato contravvenzionale), che sanzionava la bestemmiacontro la Divinità o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato . Tale reato, tuttavia, è stato depenalizzato con il d.lgs. n. 507 del 1999, essendo attualmente punito con una sanzione amministrativa pecuniaria. La Corte costituzionale, in particolare, ha operato una distinzione della fattispecie in esame:
- una prima parte, riguardante la bestemmia contro la Divinità , indicata senza ulteriori specificazioni, la quale può considerarsi punita indipendentemente dalla riconducibilità della Divinità stessa a questa o a quella religione;
- una seconda parte, riguardante la bestemmia contro i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato , che, riferendosi esclusivamente alla religione cattolica, viola il principio di uguaglianza.