L’art. 10 c. 2° del concordato stabilisce che “i titoli accademici in teologia e nelle altre discipline ecclesiastiche, determinate d’accordo tra le Parti, conferiti dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede, sono riconosciuti dallo Stato”. “I titoli accademici di baccalaureato e di licenza nelle discipline di Teologia e Sacra Scrittura, conferiti dalle facoltà approvate dalla Santa Sede, sono riconosciuti, a richiesta degli interessati, rispettivamente come diploma universitario e come laurea, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, su conforme parere del Consiglio universitario nazionale. Il riconoscimento è disposto previo accertamento della parità della durata del corso di studi seguito a quella prevista dall’ordinamento universitario italiano per i titoli accademici di equivalente livello”.
L’art. 8 n. 1 c. 1° del concordato stabilisce che nell’atto di matrimonio, che il parroco o il suo delegato devono redigere subito dopo la celebrazione del rito religioso e trasmettere all’ufficiale di stato civile dopo la trascrizione, “potranno essere inserite le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo le leggi civili”.
Siccome di regola tali dichiarazioni vanno rese per atto pubblico, si deve arguire che tale natura di atto pubblico è riconosciuta all’atto di matrimonio redatto dal parroco, il quale quindi “esercita una pubblica funzione certificativi ai sensi dell’art. 357 n. 2 c.p., in quanto attesta, fino a querela di falso, l’avvenuta celebrazione”.