Questi conferimenti di risorse economiche e giuridiche “per necessità strutturali non possono avere come destinatari singoli individui”; ed allora si intuisce che la valorizzazione della dimensione positiva della libertà religiosa serve proprio per giustificare il soddisfacimento non certo di interessi religiosi individuali, bensì degli interessi religiosi di cui si fa titolare il gruppo confessionale.
I gruppi confessionali per definizione pongono a disposizione dei loro membri quei beni e quei servizi spirituali, dettano loro quelle regole di comportamento che sarebbero desumibili dagli aspetti etici del messaggio religioso, grazie alle quali il fedele può compiere la sua esperienza religiosa.
Per consentire ai fedeli di compiere la loro esperienza religiosa il gruppo confessionale ha bisogno delle risorse materiali e giuridiche necessarie per organizzare i servizi e per assicurare l’efficacia delle regole di comportamento per i suoi membri.
Quando si parla di aspetti positivi della libertà religiosa bisogna tener conto che ci si muove in una logica tutta diversa, in quanto la libertà religiosa non è allora un diritto immediato dei singoli, ma è un diritto riflesso, nel senso che il singolo ne gode in proporzione alle risorse di cui gode il gruppo.
Se la libertà religiosa viene intesa in chiave individualistica, facilmente il suo contenuto può essere reso conforme all’esigenza di eguaglianza; se invece la libertà religiosa viene intesa in chiave comunitaria, il suo contenuto varierà in corrispondenza alla capacità della comunità di ottenere quelle possibilità finanziarie e giuridiche che essa comunità ritiene necessarie per sentirsi veramente libera. La conseguenza sarà che i cittadini avranno gradi diversi di libertà sulla base della loro appartenenza formalizzata all’una od all’altra comunità.
Si può pertanto affermare che concordati e intese sarebbero indirizzate al fine “di pervenire ad uno svolgimento il più ampio e completo possibile di tutte le estrinsecazioni della libertà religiosa”.
La fruizione della libertà religiosa può essere fatta apparire meritevole di essere sostenuta perché ed in quanto, oltre che ad essere considerabile come un valore in sé, essa può anche essere ritenuta socialmente rilevante.
Bisogna tener presente che viene indicato come obiettivo di fondo dell’ordinamento il “progresso materiale o spirituale della società”. Tale progresso si realizzerebbe attraverso la formazione morale ed intellettuale dei consociati.
Ne consegue che è socialmente utile qualunque attività “che concorra” a tale progresso. Nessuno potrebbe negare che la religione sia un elemento costitutivo della cultura. La religione delinea le forme storiche concrete della vita sociale e del consenso sociale che evidentemente le sorregge. Spunta ora la brillante trova cui la Repubblica italiana riconosce “il valore della cultura religiosa”. Ne consegue che i soggetti che si preoccupano di provvedere al soddisfacimento di bisogni religiosi possono essere considerati soggetti che recano un contributo al progresso spirituale della società così come concepito dalla Costituzione.
La dimensione positiva della libertà religiosa costituisce una brillante operazione per dare legittimazione indiscutibile a posizioni di potere religioso altrimenti non difendibili.