L’autonomia riconosciuta alle confessioni religiose dall’art. 8 è stata qualificata dalla Corte costituzionale come autonomia istituzionale, che esclude ogni possibilità di ingerenza dello Stato nell’emanazione delle disposizioni statutarie (autonomia di statuto). Tale autonomia, in particolare, esprimerebbe la volontà del costituente di garantire la spontaneità della formazione e costituzione delle confessioni religiose e il principio di separatezza degli ordini che governa il rapporto tra Stato e confessioni. L’art. 8, tuttavia, non presenta una portata illimitata, dal momento che gli statuti non devono essere in contrasto con l’ordinamento giuridico italiano. Nonostante questo limite non sia particolarmente chiaro, è stato chiarito che:
- si tratta di un limite che si riferisce specificatamente alla libertà di organizzazione, non riguardando i principi (precetti religiosi) ma le norme organizzative della confessione;
- il parametro di riferimento per la verifica del non contrasto , ossia l’ordinamento giuridico italiano, deve intendersi circoscritto ai soli principi fondamentali dell’ordinamento stesso (es. tutela dei diritti inviolabili della persona umana all’interno delle formazioni sociali), e non anche a limitazioni poste da particolari disposizioni normative.
Il riconoscimento dell’art. 8 co. 2 non comporta che le confessioni religiose abbiano un obbligo o un onere di darsi uno statuto: ritenere obbligatoria un’organizzazione statutaria delle confessioni, infatti, sarebbe in palese contraddizione con la stessa disposizione di cui all’art. 8 co. 2 che, riconoscendo alle confessioni religiose la libertà di organizzarsi su base statutaria, ammette implicitamente l’esistenza di confessioni organizzate e di confessioni che organizzate non sono