L’esercizio del diritto di libertà religiosa non può non svolgere un ruolo primario nel processo di piena realizzazione della persona, entrando anche tra quelle attività la cui compromissione è ragione di danno esistenziale. Questo riconoscimento trova una giustificazione nell’affermazione del principio di laicità dello Stato, un principio che impegna lo Stato a garantire la libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale. L’individuazione del principio di laicità come principio supremo dell’ordinamento costituzionale ha in qualche misura rafforzato la garanzia del diritto di libertà religiosa, sottraendolo al limbo delle dichiarazioni di principio e rendendone l’eventuale violazione un’attività produttiva di danno risarcibile. In questa prospettiva può essere valutata la sent. n. 11432 del 1997 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la quale ha affermato che la previsione da parte della pubblica amministrazioni di corsi alternativi riservati unicamente a chi abbia fatto la scelta facoltativa della non frequenza ai corsi di religione cattolica, senza alcuna diversa possibilità costituisce una situazione discriminante e, come tale, lesiva di un diritto assoluto alla libertà che giustifica la proponibilità davanti al giudice ordinario di un’azione risarcitoria (danno esistenziale).