L’art. 4 co. 1 prevede un limite per la proroga del contratto a termine, ossia per il differimento del termine finale del contratto (rischio di precarizzazione). Tale proroga può validamente intervenire, col consenso del lavoratore, soltanto:
- qualora il contratto sia stato inizialmente stipulato per un periodo inferiore ai tre anni.
- qualora il contratto sia stato stipulato per una sola volta.
- a condizione che la proroga sia richiesta da ragioni obiettive.
- a condizione che la durata complessiva (contratto iniziale unito con la deroga) non sia superiore a tre anni.
Per l’ipotesi del rinnovo, ossia per la stipulazione di un nuovo contratto a termine, l’art. 5 co. 3 consente che esso possa essere liberamente effettuato, ma soltanto ove siano trascorsi almeno dieci (se il contratto iniziale aveva una durata inferiore a sei mesi) o venti mesi (se il contratto iniziale aveva una durata superiore a sei mesi) dalla cessazione del contratto a tempo indeterminato. Qualora, al contrario, le due assunzioni siano effettuate l’una dopo l’altra, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato sin dalla data di stipulazione del primo contratto (ex tunc).
La l. n. 247 del 2007 ha introdotto l’art. 5 co. 4 bis secondo il quale la somma dei contratti a termine stipulabili, indipendentemente dai periodi di interruzione tra l’uno e l’altro e dalla loro lunghezza, non deve superare il limite di trentasei mesi, a pena di trasformazione del rapporto. In deroga al limite di trentasei mesi, un ulteriore successivo contratto a termine può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga pressa la competente Direzione provinciale del lavoro.
Nell’ipotesi in cui il lavoratore a termine continui a prestare l’attività lavorativa anche oltre la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato (successione), in forza dell’art. 5 co. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, egli acquisisce semplicemente il diritto ad una maggiorazione retributiva per ogni giorno di continuazione del rapporto, pari al 20% fino al decimo giorno successivo ed al 40% per ciascun giorno ulteriore.
La tolleranza, tuttavia, ha un limite: se il rapporto dura oltre il ventesimo giorno, nel caso di contratto con durata inferiore a sei mesi, od oltre il trentesimo, nel caso contrario, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti limiti.