Le fonti normative europee

Ai principi costituzionali bisogna aggiun­gere quelli dell’Unione europea, della quale l’Italia fa parte. Sono norme primarie dell’Unione europea i trattati istitutivi. Le nor­me secondarie sono emanate dagli organi dell’Unione; alcune, come i re­golamenti, esplicano efficacia immediata all’interno degli stati membri; altre, come le direttive, non esplicano, salvo eccezioni, efficacia immedia­ta, richiedendo l’intervento di attuazione dei legislatori dei singoli stati o anche della contrattazione collettiva interna, purché con efficacia generale.

Dalla Comunità all’Unione e fonti primarie di politica sociale

L’originaria Comunità economica euro­pea, istituita con il trattato di Roma del 25 marzo 1957, si è trasformata più organicamente nell’Unione europea con il Trattato di Maastricht del febbraio 1992, entrato in vigore il 1 novembre 1993.

È seguito il Trattato di Amster­dam del 2 ottobre 1997, che ha recepito non solo le disposizioni sociali dell’ Atto unico europeo, approvato nel 1986 ed entrato in vigore il 1 luglio 1987, ma anche quelle dell’accordo di politica sociale allegato al Trattato di Maastricht, estese a tutti gli stati membri, compreso il Regno Unito, inizialmente non vincolato.

Mancanza di un quadro normativo unitario e finalità delle norme dell’OIL

Dall’esame delle norme primarie e secondarie non è facile individuare un quadro normativo orga­nico del diritto del lavoro europeo che si è sviluppato sulla base di una se­rie di interventi occasionati da specifiche esigenze di tutela, come nel caso dei licenziamenti collettivi, dei trasferimenti di azienda, della garanzia dei crediti di lavoro in caso d’insolvenza del datore, dei contratti atipici. Può, tuttavia, cogliersi una profonda differenza tra la filosofia del la­voro accolta dall’Unione europea e quella che si ritrova in precedenti do­cumenti internazionali, in particolare quelli che provengono dall’Orga­nizzazione internazionale del lavoro (Oil).

Finalità delle norme dell’OIL e quelle, di diversa ispirazione, delle norme europee

La filosofia dell’Oil è i­spirata dall’esigenza di standard minimi per il lavoratore subordi­nato, considerato incapace di gestirsi senza l’intervento protettivo dello stato; se gli standard minimi delle norme dell’OIL s’innalzano ne deriva il pericolo di un aumento della di­soccupazione e della dualizzazione del mercato del lavoro, in contrasto con le tendenze dei paesi più sviluppati.

Le norme euro­pee sono legate all’idea di un lavoratore in parte in grado di autoregolamen­tarsi e di essere attivamente presente sul mercato; gli interventi pubblici sono rivolti a rafforzare tale presenza mediante un’attività d’informazio­ne, di formazione e di servizi per facilitare la mobilità professionale e ter­ritoriale.

Con tali linee risultano in contrasto, rilevato dalla Corte di giustizia europea, alcune norme dell’OIL, come quelle sul monopolio statale del collocamento o quelle sul divieto del lavoro notturno delle donne; queste ultime si discostano dai principi europei della parità di trattamento e delle pari opportunità tra uomo e donna.

La libertà di circolazione e limiti ad essa

Il fondamentale principio lavoristico del­l’Unione europea è quello della libertà di circolazione dei lavoratori nel territorio di ciascuno de­gli stati membri; la distinzione tra lavoratori subordinati ed autonomi po­trebbe non coincidere pienamente con quella rilevante negli stati membri, anche se una spinta all’uniformità si è avuta con la giurisprudenza della Corte di giustizia europea.

La libertà di circolazione trova i suoi limiti in esigenze di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sa­nità pubblica e nell’accesso alle pubbliche amministrazioni per il quale sia richiesto, a tutela d’interessi costituzionali, il requisito della cittadinanza nazionale e non soltanto di quella comunitaria.

Il diritto di stabilimento

Ai lavoratori autonomi, come agli imprendi­tori, è altresì riconosciuto il diritto di stabilimento, ossia il diritto d’in­stallarsi in altri stati membri per esercitarvi l’attività lavorativa o impren­ditoriale.

La parità di trattamento, a prescindere dalla cittadinanza e parità tra uomo e donna

In collega­mento con il principio della libertà di circolazione è riconosciuto il diritto alla parità di trattamento, a prescindere dalla cittadinanza, garantito da appositi regolamenti comunitari, direttamente efficaci, che mirano ad assi­curare l’uniformità di normative ed il coordinamento dei sistemi previdenziali; a questo obiettivo sono collegate non soltanto l’esigenza di tutela dei lavoratori, ma anche quella di evitare distorsioni della concorrenza, il c.d. dumping sociale.

Parità retributiva tra lavoratori e lavoratrici

Altro principio fondamentale è quello della parità retributiva tra lavoratori e lavoratrici, con il riconoscimento delle pari op­portunità ed azioni positive, cui ha contribuito la giurisprudenza della Corte di Giustizia.

L’Atto unico e l’estensione delle decisioni a maggioranza e la previsione del dialogo sociale

Di grande importanza nella determinazione della politica sociale della Comunità e poi dell’Unione è stato l’Atto unico, entrato in vigore il 1 luglio 1987, che ha previsto la votazione a maggioranza, da parte del Consiglio dei mini­stri, nella determinazione delle direttive, in materia della sicurezza e della salute dei lavoratori; la votazione a maggioranza è stata poi estesa, dall’ac­cordo sulla politica sociale recepito nel trattato di Amsterdam, alle condi­zioni di lavoro, all’informazione e consultazione dei lavoratori, alla parità tra uomini e donne e all’integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro. Le decisioni maggioritarie del Consiglio vengono adottate nel­l’ambito di una procedura di codecisione del Parlamento europeo e della Commissione.

L’Atto unico ha anche introdotto il dialogo sociale tra le parti collettive e tra queste ed il governo, con la pre­visione di procedure di partecipazione; nel sostenere il dialogo sociale è stato previsto che, oltre che la legge, anche i contratti collettivi all’interno dei singoli stati, purché con efficacia generale, possano dare attuazione alle direttive europee.

Il contratto collettivo europeo

Oltre che ai contratti collettivi interni, si fa riferimento anche ai contratti collettivi europei, stipulati da organi­smi rappresentativi delle contrapposte parti sociali nell’intera Unione eu­ropea; ai contratti collettivi europei vengono affidati compiti di parteci­pazione alla stessa produzione delle norme, quali i regolamenti e le diret­tive.

La Carta dei diritti sociali

Occorre far riferimento alla Carta dei dirit­ti sociali fondamentali dei lavoratori firmata nel 1989 a Strasburgo dai ca­pi di stato e di governo europei la quale, pur non assumendo una precisa rilevanza giuridica, costituisce un importante documento politico soprat­tutto per l’ammissione dei diritti sindacali di organizzazione, di contratta­zione e di sciopero.

La Carta dei diritti fondamentali

Anche la Carta dei diritti fondamen­tali dell’Unione europea, approvata dal Consiglio europeo riunito a Niz­za dal 7 al 9 dicembre 2000, pur non avendo un preciso valore giuridico, assume rilievo come riconoscimento di fondamentali principi: il divieto del lavoro minorile, la liberà sindacale, il diritto di lavorare, il diritto alla non discriminazione, il diritto all’informazione ed alla consultazione nel­l’ambito dell’impresa, il diritto al collocamento, il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, il diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque, il diritto alla limitazione dell’orario di lavoro, ai riposi ed alle ferie, il diritto alla sicurezza sociale.

L’accordo sulla politica sociale e i principi di sussidarietà

Con l’accor­do sulla politica sociale allegato al Trattato di Maastricht e recepito nel Trattato di Amsterdam del 1997, è stato introdotto il principio di sussidarietà. In base a tale principio l’Unione interviene in materia sociale soltanto se gli obiettivi non possano essere adeguatamente realizzati dagli stati (sussidarietà verticale); è altresì ammessa l’azione dei pubblici poteri, eu­ropei ed interni, soltanto quando la regolamentazione non possa avvenire mediante contrattazione collettiva (sussidarietà orizzontale).

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