Il divieto di concorrenza può essere previsto anche per la fase successiva alla cessazione del rapporto di lavoro. Tale ulteriore previsione, tuttavia, richiede la stipulazione consensuale di un apposito patto (c.d. patto di non concorrenza), disciplinato dall’art. 2125. Dal momento che il patto di non concorrenza comporta il sacrificio di un diritto costituzionalmente tutelato (diritto al lavoro), la legge esige che esso sia sottoposto a prescrizioni e limiti, la violazione dei quali comporta la nullità del patto per contrasto con le disposizioni imperative dell’art. 2125 co. 1:
- il patto deve risultare da un atto scritto.
- deve essere previsto un corrispettivo (secondo la giurisprudenza adeguato) a favore del lavoratore.
- il vincolo a non lavorare deve essere contenuto entro limiti di oggetto, di tempo e di luogo, locuzione questa oltremodo generica.
Relativamente ai limiti di tempo, tuttavia, il co. 2 chiarisce che la durata del patto non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni, se si tratta di altri. Nel caso in cui sia pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura indicata