Le nuove classi dirigenti non volevano che le classi lavoratrici si organizzassero al fine di difendere i propri interessi, e questo per un duplice motivo:

  • l’esistenza di organizzazioni sociali intermedie tra cittadino e Stato era considerata un modo di far rivivere le istituzioni corporative del periodo feudale.
  • l’ideologia liberista vedeva nell’azione di organizzazioni collettive, rappresentative degli interessi dei lavoratori, un attentato alla libertĂ  di commercio.

Il nascente fenomeno del sindacalismo, quindi, a partire dalla legge Le Chapelier (1791), incontrò un feroce sistema di repressione penale, che lasciava i lavoratori in balia della <<dittatura contrattuale>> dell’imprenditore, ovvero esposti alle conseguenze negative di una manifesta disparità di potere negoziale. Si assisteva, infatti, ad una concorrenza al ribasso fra i lavoratori, dal momento che questi avevano bisogno di lavorare più di quanto l’imprenditore avesse bisogno di assumerli. Risulta quindi chiaro che, dietro lo schermo del libero e paritario contratto individuale di lavoro, v’era la realtà di un predominio praticamente totale della parte negozialmente più forte.

 Lo squilibrio di potere insito nella relazione contrattuale di lavoro ha rappresentato il dato sociale di partenza dal quale è scaturito quel vasto <<contromovimento>> che ha portato alla nascita del diritto del lavoro. Tale reazione, fomentata da movimenti di ispirazione socialista, ha trovato la sua cifra essenziale nel sindacalismo, che ha rappresentato una reazione spontanea dal basso, rivolta alla creazione di un contropotere collettivo capace di neutralizzare il potere negoziale dell’imprenditore.

I sindacati hanno fatto la loro primissima apparizione nell’Inghilterra della seconda metà dell’Ottocento e si sono poi propagati negli altri paesi europei. Il loro obiettivo fondamentale era quello di imporre agli imprenditori una contrattazione paritaria, di livello collettivo, delle condizioni di lavoro, svuotando di rilievo la contrattazione individuale. Al nascente diritto del lavoro, tuttavia, si posero immediatamente problemi giuridici relativi agli effetti dell’azione collettiva, minacciata nei suoi stessi presupposti non soltanto dalla repressione penale, ma anche dall’assenza di garanzie sul piano civilistico. Proprio per la necessità di incidere sul regime giuridico, il movimento sindacale inglese dette vita ad un partito politico, il Labour Party, che poteva rappresentare i suoi interessi sul terreno politico-legislativo. Il sindacalismo inglese, fortemente radicato nella cultura anglosassone, era basato sul sistema del closed shop che, costringendo i lavoratori ad iscriversi ai sindacati, ne prevaricava la libertà contrattuale, realizzando però un’efficace protezione sul piano collettivo. Proprio in ragione di questa penetrazione sociale del sindacato, il diritto del lavoro inglese è stato a lungo un diritto <<collettivo>> e poco legislativo (common law).

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