Per i nuovi assunti è stata introdotta una nuova procedura di conciliazione applicabile ad ogni tipo di licenziamento. Entro il termine di impugnazione del licenziamento, il datore di lavoro ha facoltà di offrire al lavoratore un importo “di ammontare pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità” mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare.
L’accettazione dell’assegno da parte del lavoratore comporta che il rapporto di lavoro si intende definitivamente estinto alla data del licenziamento e che l’impugnazione del licenziamento, ove già proposta, si intende rinunciata. L’attuazione di questa nuova procedura di conciliazione è facoltativa, restando libere le parti sia di non farvi ricorso, sia di addivenire alla conciliazione con altre forme e modalità; tra l’altro, poiché l’accordo sulla cessazione del rapporto di lavoro non costituisce una transazione avente ad oggetto diritti derivanti da disposizioni inderogabili, non è neppure necessario che tale accordo avvenga in una delle sedi “protette” previste dall’ultimo comma dell’articolo 2113 del Codice Civile (essendo sufficiente il rispetto delle forme previste in caso di dimissioni e risoluzione consensuale del rapporto).
Tuttavia, al fine di ricondurre il contenzioso, la nuova procedura viene incentivata dal legislatore delegato, stabilendo che l’importo offerto dal datore di lavoro “non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale”. Il che rende più “appetibile” l’offerta per il lavoratore, poiché le somme erogate dal datore di lavoro per incentivare la risoluzione consensuale del contratto di lavoro, pur essendo esenti da contribuzione previdenziale, sono sottoposte a prelievo fiscale. Le parti possono, evidentemente, concordare l’erogazione di un importo superiore a quello previsto dal legislatore delegato, ma sulla parte eccedente non sarà applicabile ilo beneficio fiscale (così come esso non è applicabile nel caso di erogazioni effettuate dal datore di lavoro per effetto di conciliazioni avvenute in forme e modalità diverse dalla nuova procedura).
È dubbio, invece, se il beneficio spetti nel caso in cui l’importo sia inferiore, essendo ipotizzabile che la ratio legis sia non solo quella di ridurre il contenzioso sui licenziamenti, ma anche quella di assicurare al lavoratore un determinato indennizzo economico in una misura ritenuta congrua. In coincidenza con l’introduzione della procedura di conciliazione in questione, è stata esclusa l’applicazione, per i nuovi assunti, del tentativo preventivo di conciliazione previsto dall’articolo 7 della legge 604 del 1966, rimasto ancora applicabile ai lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015.